In questi giorni, le proteste contro il piano d’austerità del governo greco hanno scatenato la guerra urbana ad Atene e Salonicco. Specialmente nella capitale i manifestanti hanno lanciato bombe molotov contro negozi e banche e hanno tentato di assaltare il Parlamento forzando il cordone di sicurezza della polizia.
Palazzi dati alle fiamme, tre persone morte nell’incendio di una banca mercoledì 5 maggio, devastazioni ovunque: una reazione insensata dinanzi a ad un provvedimento ineludibile, che all’inizio riduce i redditi personali, e forse manderà in recessione l’economia locale per qualche trimestre, ma che consentirà al Paese di rimanere agganciato all’Euro, con i conseguenti vantaggi.
L’alternativa è la bancarotta, con conseguente fuoriuscita dalla moneta unica, che darebbe il via ad un impennarsi dell’inflazione, fenomeno che a noi italiani è ben noto, ricordando i tempi della svalutazione a due cifre che falcidiavano stipendi e pensioni, in una spirale di aumenti che impoveriva mese dopo mese i cittadini e l’intera nazione.
Papandreou ha annunciato che “Paghiamo i nostri errori, sappiamo che ci sarà da soffrire”, e davvero si spera che la classe dirigente locale proceda ad una profonda riflessione sui pericoli di una politica che distribuisce benessere fasullo, in quanto fittizio dividendo di una politica economica che, lungi dal produrre ricchezza da ripartire con “manovre” sociali, è in realtà inefficiente. Solo a fini di consenso, i Governi che si sono succeduti da vent’anni a questa parte distribuivano denaro (sotto forma di baby-pensioni o gonfiando oltremisura l’organico statale) indebitandosi, fingendo di disporre delle risorse derivanti da una inesistente floridezza dell’economia. Ora ci si augura che un nuovo senso di responsabilità della politica trasformi la Grecia in un Paese moderno e competitivo.