Nel tempo, spesso le aziende “ripensano” il loro logo, per aggiornare la grafica ai nuovi tempi, all’evoluzione che ha avuto il brand, o semplicemente per rinnovare la propria immagine. E’ un’operazione non facile, perché nel tempo i clienti si affezionano al logo, il quale diventa una icona che tende a “contenere” le emozioni suscitate dal marchio nei consumatori.
L’azienda di abbigliamento casual GAP, dopo vent’anni di successi cha l’hanno portata ad avere oltre mille negozi negli Usa e circa 300 tra Asia ed Europa, ha recentemente deciso di proporre al pubblico un nuovo logo: “classic, American design to modern, sexy, cool” nelle intenzioni del top management.
Ma l’accoglienza sui social media, è stata pessima: dopo la presentazione su Facebook, si sono scatenate le critiche di migliaia di consumatori, delusi da un restyling considerato “né vintage, né nuovo, né cool”: né, tantomeno “sexy”.
Anche agli occhi di un qualsiasi consumatore, non esperto di grafica a livello professionale, la differenza tra le due versioni è abissale. Il primo è essenziale ed elegante: contribuisce a questo giudizio il font “con grazie” Spire, lo sviluppo “verticale” delle tre lettere, che formano un perfetto quadrato e la tonalità di blu utilizzata.
Il restyling utilizza l’Helvetica, un font senza grazie che risulta scialbo, mentre l’eleganza del blu viene “confinata” in un quadrato sfumato, a cui si sovrappone il lettering del marchio in un connubio blu/nero che non risulta affatto raffinato. Qualcuno, con una punta di disprezzo, ha accennato l’ipotesi che il logo sia stato realizzato con Microsoft Paint, un software per principianti, a sottolineare la mancanza di professionalità con cui è stato disegnato.
Nell’arco di una sola settimana, il popolo dei social media ha vinto e Gap ha rinunciato al nuovo logo: ascoltare il cliente è la prima regola nel web 2.0. Un po’ più di impegno nell’ela-borare proposte è un’altra regola essenziale da tenere presente.