Il concetto di Open Data e l’esperienza del Lazio

Il concetto di Open Data, nato negli Usa con la Direttiva sull’Open government del dicembre 2009, è stato acquisito rapidamente in altri Paesi: per prima la Gran Bretagna, soprattutto per volontà di Tim Berners-Lee noto quale "inventore del World Wide Web", successivamente in Australia, Canada, Norvegia, Francia. Ogni nazione ha aperto un portale su cui pubblicare i propri dati: www.data.gov gli Usa, www.data.gov.uk il Regno Unito, www.data.gouv.fr la Francia, solo per citare alcuni esempi. La stessa Commissione Europea si è dotata di un portale dedicato, all’indirizzo open-data.europa.eu, stimando in 180 miliardi di euro annui il volume d’affari sul riutilizzo dell’informazione pubblica nell’UE; gli Open Data possono quindi essere anche un driver dello sviluppo economico

Anche in Italia è stato recepito l’impegno di mettere a disposizione di cittadini ed imprese, per un ulteriore utilizzo, i dati in possesso della Pubblica Amministrazione; a tale scopo è stato realizzato il portale www.dati.gov.it, on line dal 18 ottobre 2011. In esso sono registrate informazioni di qualsiasi genere: dati statistici, documenti descrittivi, immagini e carte geografiche, materiali multimediali. Ogni informazione contenuta in un ufficio pubblico, in qualsiasi livello ed ente della PA, può divenire un "dato aperto" utilizzabile da chiunque intenda inserirlo in un nuovo servizio per migliorare la vita dei cittadini e / o l’efficienza della comunità.

A livello di PA locale, diversi enti hanno iniziato ad aprire il loro patrimonio informativo, per prime le regioni Piemonte ed Emilia Romagna. In totale, ad oggi sono stati “liberati” oltre 5.600 dataset; indicazioni ed aggiornamenti sono indicati nella infografica del portale italiano degli open data, all’indirizzo www.dati.gov.it/content/infografica.

Le regole per l’uso degli open data sono contenute nella licenza Italian Open Data License (IODL), sviluppata da Formez PA, con lo scopo di promuovere la “liberazione” e valorizzazione dei dati pubblici. Tale licenza segue le linee guida indicate dal Ministero per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione nel nuovo Codice della amministrazione digitale, che all’art.52 pone in primo piano la responsabilità delle pubbliche amministrazioni nel rendere disponibili i propri dati in modalità digitale.

A livello di definizione, la Open Definition indica come open data i dati che possono essere liberamente utilizzati, riutilizzati e ridistribuiti da soggetti pubblici e privati, con l’eventuale vincolo di citarne la fonte e di condividerli sul web con la stessa tipologia di licenza con la quale sono stati rilasciati in origine. Da tale definizione discendono alcuni aspetti, descritti nella Full Open Definition:

· Disponibilità: i dati devono essere disponibili nel loro complesso;

· Accesso: il costo di accesso ai dati non può essere superiore al costo di riproduzione degli stessi e deve avvenire preferibilmente via web;

· Riutilizzo e redistribuzione: il formato dei dati deve essere tale da consentire anche la aggregazione di essi in una base dati più ampia;

· Universalità dell’accesso: qualsiasi soggetto, per qualsiasi uso, può accedere agli Open Data: non sono possibili discriminazioni che limitano l’accesso ad alcuni soggetti (ad esempio, alle aziende) o ad alcuni usi (ad esempio; a fini commerciali).

Sul piano tecnologico, il concetto di open data richiede la conservazione dei dati in formati che siano accessibili da chiunque, sia in lettura che in modifica / trasformazione. E’ il concetto di interoperabilità con il quale le basi di dati (dataset) sono rielaborate e ricombinate per costruire sistemi e servizi anche molto complessi.

Un esempio, tratto dall’esperienza della Regione Lazio, può far comprendere la potenzialità degli Open Data nella realizzazione di servizi per cittadini ed imprese. Il Lazio, come già altre regioni, si è dotato di una propria normativa (la Legge Regionale n. 7 del 18 giugno 2012) che descrive il modello di open government, basato sul libero accesso ai dati pubblici e su una forte interazione con cittadini e imprese, che intende adottare.

In ottemperanza alla normativa sugli Open Data, Filas – la Finanziaria di Sviluppo della Regione Lazio – ha pubblicato a marzo scorso sui portali nazionale (dati.gov.it) e dedicato (futouring.it) il dataset dei punti di interesse culturale (Poi)realizzato dal Distretto Tecnologico per i Beni e le Attività culturali (Dtc).

I punti di interesse registrati sono 2.529, e comprendono tutti i principali monumenti ed attrazioni del Lazio: dall’Ara Pacis agli scavi di Ostia Antica, oltre ai principali borghi, castelli, abbazie. Per ciascun Poi, georeferenziato e catalogato in base al thesaurus del portale italiano della cultura www.culturaitalia.it, si riporta una descrizione in italiano ed in inglese; l’elenco è completato da una nutrita quantità (3.346 documenti) di contenuti multimediali.

I dati sono pubblicati in quattro diversi formati: Rdf, N3, Turtle, Xm (a breve saranno disponibili anche in formato Json); sono messi a disposizione di qualsiasi soggetto, liberamente accessibili e pronti per il download. Il rilascio dei dati avviene con licenza Creative Commons (Cc-by-sa): pertanto è possibile riprodurre, modificare e usare i dati open anche per fini commerciali. Infine, i dati sono rappresentati in base al modello proposto dal World Wide Web Consortium-w3c, che definisce i protocolli comuni per garantire l’interoperabilità su internet.

Il dataset open sui punti di interesse culturale del Dtc è scaricabile ai seguenti link:

– http://www.Dati.gov.it/content/regione-lazio-punti-dinteresse-poi-culturali

– http://www.Futouring.com/web/filas/sviluppatori?infoid=143524

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