Novanta miliardi di euro sono il debito che lo Stato ha contratto con le imprese, le cooperative e i professionisti che hanno fornito beni e servizi ai vari livelli della PA. Una somma enorme, su cui ora finalmente il Governo è intervenuto stilando un piano di rientro, ma che ha rappresentato per anni una forma di finanziamento forzoso da parte dei fornitori nei confronti delle casse pubbliche.
Una situazione che spesso ha prosciugato la liquidità aziendale, generando situazioni di crisi che hanno contribuito anche al fallimento di attività produttive. Le ripercussioni del comportamento degli enti pubblici si sono propagate in tutto il sistema: chi non riceveva il pagamento dall’ente locale spesso non era in condizione di pagare i suoi fornitori, e così via, diffondendo l’incertezza nella gestione finanziaria del Paese.
Le imprese hanno bisogno di certezze nelle leggi e nei regolamenti e devono poter tracciare i loro piani riducendo i fattori di rischio: tra essi non può esserci uno Stato che con una mano nega i dovuti pagamenti, mentre con l’altra pretende – tramite Equitalia – il saldo delle imposte. Tutti i politici e gli amministratori locali che finora hanno alimentato questo comportamento e hanno beneficiato a livello gestionale dei "prestiti" degli imprenditori devono riflettere sui danni generati dalle loro scelte: difficoltà a pianificare il proprio futuro, crisi di liquidità aziendali, perdita di posti di lavoro. Un danno enorme, anche in termini di fiducia, che è ben maggiore del miglioramento dei saldi di cassa che hanno potuto mostrare in questi anni enti quali comuni, Asl, amministrazioni centrali e periferiche.
Ora che ci si appresta a restituire al Paese quanto dovuto, ci si augura che d’ora in poi la PA adotti linee guida più stringenti per rispettare in futuro i tempi di pagamento. Questa certezza è già un aiuto importante per le imprese.