Se la Chiesa è viva deve sorprendere: le parole di Papa Francesco delineano una presenza attiva della Chiesa nella società, sia ai più alti livelli della politica, sia al servizio dei più deboli. E per primo il Papa ha reso reale questo principio con l’inedito incontro di preghiera che si è tenuto in Vaticano con Shimon Peres e Abu Mazen, invocando la pace in Medio Oriente. Tre religioni, cristiana, ebrea e musulmana, si sono incontrate per compiere un gesto simbolico che ha colpito l’opinione pubblica, ed ha inevitabilmente vincolato i protagonisti mediorientali ad un maggiore impegno per lo sviluppo positivo dei negoziati.
Già dalla modalità scelta per la invocazione, ciascuno seguendo la propria religione, in uno schema “ternario” e non quale preghiera interreligiosa, sottolinea il fulcro centrale del dialogo che si vuole impostare: il pieno rispetto di ogni credo e, di conseguenza, l’identica importanza attribuita a ciascuno dei presenti; un chiaro invito ai due leader di considerarsi con pari dignità e peso politico, al di là delle valutazioni che finora hanno bloccato il processo di pace.
L’abbraccio storico tra Peres ed Abu Mazen potrebbe essere il primo segnale di un nuovo corso tra le diplomazie dei due popoli, offrendo una speranza di pacificazione ad una terra tormentata. E il gesto forte di Papa Bergoglio indica a ciascuno di noi il compito di un buon cristiano: impegnarsi con tutte le proprie energie per compiere il Bene, senza ritrarsi dinanzi alle difficoltà.