Parlare di gestione del cambiamento diventa difficile sia per i contenuti e sia per aver sfruttato la dizione da almeno 20 anni con risultati particolarmente modesti. Il concetto di cambiamento fa pensare immediatamente alla discontinuità, con la speranza che si creino i presupposti per un futuro migliore e non sia il ripetersi di esperienze negative del passato. Eraclito ricordava che l’unica cosa permanente è il cambiamento. Il cambiamento riguarda tutto il Paese, la gestione di organizzazioni complesse, il rapporto con il cliente, orientare i consumatori, come superare la crisi, come creare valore; il cambiamento riguarda le istituzioni pubbliche e private compresi i sistemi territoriali. Non va trascurata la complessità della gestione del cambiamento che vuol dire passare da una realtà in cui ci si trova ad una diversa realtà il più delle volte desiderata. Servono alcuni elementi e delle informazioni, serve di capire come collocare l’azienda (la direzione, la capacità interna ed esterna, etc.) e le caratteristiche complessive della società interessata. La possibilità di governare il cambiamento. Ci aiutano nelle letture Cartesio, Galileo e Newton. L’uomo è una realtà non solo vivente, ma anche intelligente ed ha la piena discrezionalità nel decidere la sua risposta verso il cambiamento. E’ necessario riflettere come noi ci comportiamo, come si comporta il lavoratore nelle varie funzioni di responsabilità, nelle abitudini, negli schemi mentali ed operativi generalmente consolidati in tanti anni e profondamente radicati. Non è sufficiente sedere intorno ad un tavolo e comunicare nuovi ruoli e responsabilità, in quanto le mappe mentali, le abitudini, le conoscenze e le competenze si organizzano in tempo reale nel senso desiderato, per effetto miracoloso. In qualsiasi realtà multipersonale, il cambiamento presuppone convergenza e coesione verso il nuovo obiettivo, collaborazione e comprensione, gioco di squadra, concreta autoresponsabilizzazione di tutti gli attori. Evidentemente in tutto ciò hanno un ruolo determinante anche i mass media e la società civile.
Nulla cambia se non cambiano, nel modo desiderato, i comportamenti. In realtà multipersonali, gestire il cambiamento significa, pertanto, saper indicare ciò che la gente pensa e come la gente si comporta. Il cambiamento è anche riorientamento culturale. Senza orientare la cultura diffusa si generano illusioni e si fanno solo parzialmente disegni astratti. A livello Paese, ciò implica un ruolo fondamentale dei mass media. Il livello morale e professionale di un territorio è sempre meno dissociabile dal livello morale e professionale dei suoi mass media più significativi. La comunicazione deve essere rivolta verso i diritti, ma anche verso i doveri, su scandali, su cronaca nera ed aspetti negativi, sulle affermazioni fatte. In conclusione servirebbe soltanto una maturità adeguata, una serenità nel dare informazioni evitando forme di demagogia e di populismi che hanno un effetto immediato su taluni, ma non risolvono nessun problema e si rischia il fallimento.