Il braccio di ferro che oppone le Istituzioni Finanziarie alla Grecia evidenzia le contraddizioni di un sistema che ha generato l’unione monetaria prima di un’unione politica ed economica. Il concetto di Unione Europea generato dalla tragedia della Seconda Guerra Mondiale sanciva la pace tra i popoli, l’impegno verso un miglioramento delle condizioni economiche per tutti gli Stati membri, il muoversi delle Istituzioni verso la ricerca di un equilibrio sociale condiviso nei diversi Paesi.
Questo meccanismo virtuoso, non solo ha annullato i rischi di conflitti sul territorio europeo al di qua della cortina di ferro, ma ha posto le basi per una cultura di condivisione e fratellanza tra i popoli che ha sbiadito il ricordo delle infinite guerre che hanno contrapposto Francia e Germania per lo sfruttamento delle miniere ai loro confini, disinnescati definitivamente dal Trattato relativo all’acciaio e al carbone, datato 1951. Non a caso, i politici Jean Monnet e Robert Schuman ebbero l’intuizione di fondare la nascente Europa sulla eliminazione dei contrasti su interessi economici, comprendendo che ogni altro dissidio sarebbe stato poi più facilmente sanabile. Condividere le risorse economiche, abbattere le barriere doganali, è stato il primo passo di un cammino che ha portato benessere in tutta Europa.
Tuttavia, invece di proseguire sul tracciato dei Padri fondatori, con la decisione di attuare l’unione monetaria prima di avere uniformato i sistemi normativi (specie nei settori della finanza e della fiscalità) l’Europa è diventata il “nemico” per molti cittadini, in quanto sono stati posti vincoli che hanno amplificato le differenze tra Paesi, creando disparità e contrasti. La Germania, con la sua etica protestante basata sul lavoro e la responsabilità personale si è rapidamente inimicata le nazioni del Mediterraneo, a loro volta accusate dai tedeschi di essere irresponsabili e di sperperare le risorse comuni.
Il Patto di Stabilità sottoscritto nel 1997 si è rivelato un vincolo insostenibile per i Paesi strutturalmente “più deboli” per il peso della burocrazia, per la minore produttività delle aziende, per uno Stato meno efficiente.
La Grecia, culla della democrazia, è a pieno titolo parte integrante dell’Europa dei popoli, della cultura e della pace. Ma la differenza abissale tra i suoi sistemi sociali e normativi e lo stile di vita e le regole vigenti nei paesi cosiddetti “virtuosi” ne rendeva prematura la condivisione della stessa moneta.
Quando i critici dell’Europa inveiscono contro “l’Europa delle Banche” implicitamente riconoscono che l’Unione Monetaria doveva essere il tassello finale di un processo di uniformazione di regole sulla vita economica e sociale dei singoli Stati: lavoro, pensioni, sanità, scuola ed università, struttura della PA, appalti, ordini professionali…
Ora è da qui che si deve ripartire: piuttosto che chiedere alla Grecia di tagliare le pensioni ed aumentare l’Iva, cancellando qualsiasi possibilità di riscatto della sua struttura economica, è necessario accelerare le riforme sociali e normative in tutta Europa, per creare una comunità che condivide valori, norme e stili di vita.