Il nostro Paese è conosciuto come il Paese delle persone laboriose ed innovative. Vi è una tendenza a mettere in luce le peculiarità positive, non solo in Italia ma anche all’estero. Normalmente nel mondo della ricerca si intraprendono iniziative interessanti con grossi investimenti, si hanno i primi risultati (anche positivi) e, invece di continuare, si smette. In quali campi? La risposta è semplice: probabilmente in tutti i campi! Rivedendo alcuni documenti che risalgono al 2010 troviamo una ricerca relativa ad un veicolo aerospaziale senza pilota, sono passati anni e non è emerso quasi niente. Nel settore aerospaziale vi è ancora molto da esplorare con azioni propositive e coinvolgendo l’Europa.
Vi sono dei settori importanti come quello ecologico, ma siamo capaci solo di documentare che siamo sommersi dai rifiuti, senza proporre nessuna soluzione. Un altro settore è quello della genetica, analizzato da molti scienziati ma con quali risultati? L’utilizzo dell’intelligenza artificiale che investe campi ed aree diverse potrebbe essere un cavallo di battaglia per il nostro Paese e per i nostri giovani ricercatori. Nell’ambito tecnologico, parliamo molto di droni, vediamo qualche piccolo esemplare fatto da giovani o da giovanissimi, se ne parla per tre giorni ed il giorno seguente “stop”, non vi è nessun seguito, nessun supporto adeguato. La robotica è un ulteriore settore significativo sia nel campo medico chirurgico che in quello delle aziende manifatturiere e delle abitazioni domestiche. Si è investito molto, se ne parla, ma siamo in attesa di dimostrazioni concrete ed efficaci.
Quindi vi è il tema della digitalizzazione, altro campo da analizzare. E’ il caso di dire che “c’è tanta carta”, ancora di più, ma la “dematerializzazione” non si vede. Infine ricordo a me stesso che l’Italia ha circa 8000 Km di coste ed anche una certa vocazione marittima che si sta perdendo. Il settore marittimo avrebbe per esempio bisogno di una piattaforma digitale che permetta la gestione e il monitoraggio navale sul Mediterraneo che possa essere utile al Paese e agli operatori del settore.
Perché non lanciare, con degli appositi distretti, proposte concrete come Horizon 2020 prevede e, facendo un’associazione temporanea di scopo, creare un cluster che possa confrontarsi e svilupparsi sia a livello nazionale che europeo? Ed ancora, perché non creare un modello esportabile che tenga conto dell’efficienza energetica, del “Made in Italy”, della mobilità sostenibile, dell’ occupazione, del turismo, dell’ambiente e della sicurezza?
Vanno risolte, inoltre, alcune criticità dal punto di vista occupazionale: sicuramente Horizon 2020 non vuole più studi e ricerche, come in passato, limitati a mantenere in piedi per 1-2 anni un certo numero di persone che, dopo tale intervallo di tempo, si trovano costrette a passare su aree completamente diverse pur di avere una modesta remunerazione.
Ho voluto elencare alcuni elementi importanti che potrebbero essere presi in considerazione in ambito governativo per cercare di facilitare la ricerca con dei modesti incentivi, creando filoni pubblico/privati affinché si possa fare un passo avanti senza ritrovarci fra qualche anno con le medesime conclusioni di oggi e sentire i politici affermare in coro: “io l’avevo detto!”, una malattia “benigna” che purtroppo non sta contagiando solo loro.