La protezione dei dati personali tra Europa e USA: che fine farà il Safe Harbor?

L’Europa è intervenuta nell’ambito dell’economia digitale e precisamente per ciò che riguarda i rapporti con gli Stati Uniti al fine di tutelare la riservatezza digitale del cittadino europeo. Negli ultimi tempi i negoziati USA-UE sono apparsi in particolare fermento, motivazioni e operazioni di tipo economico hanno condizionato le certezze e minato le garanzie che l’Europa sosteneva di avere dagli States nell’ambito del trattamento dei dati personali, sembra che le procedure a “stelle e strisce” entrino in più di un aspetto “a gamba tesa” sui dati personali dei cittadini europei.

Le aziende americane che trattano i dati personali di cittadini europei sono 4500, potete comprendere il volume ingente di informazioni sensibili sulla quale è necessario per l’Europa avere delle garanzie concrete.

Il vecchio accordo tra Europa e Stati Uniti è durato per 15 anni. Con le nuove tecnologie, l’iperconnessione pervasiva degli ecosistemi digitali, tra rete di oggetti e di persone, si è incrementato di molto il rischio sulla riservatezza dei dati personali ed in alcuni casi il concetto della privacy viene ad essere minato.  Tale accordo tra USA e UE, "Safe Harbor" (porto sicuro, il nome è tutto una garanzia), per anni ha consentito alle imprese americane di conservare i  dati personali degli utenti europei nei propri Data Center sia nella UE che negli USA. L’intesa discendeva dalle direttive UE 95/46, entrate in vigore nel mese di ottobre 1998, sulla protezione dei dati personali e faceva riferimento alle organizzazioni che immagazzinavano i dati dei propri utenti, in particolare, ma certamente non solo, società legate a social network, siti di vendita online e motori di ricerca.

Quella della privacy e della tutela dei dati personali è una materia particolarmente delicata e sensibile che va monitorata da parte di tutti i paesi europei, sia dalle autorità di tutela di ogni paese e sia dell’organo preposto in ambito europeo. In tutti questi mesi in cui è stato messo in discussione il vecchio accordo, gli interventi e i confronti sono stati tra i più svariati e, ad oggi, sembra che ci sia un’intesa, anche se concretamente gli USA non hanno ancora esplicitato le opportune rassicurazioni all’UE e ai suoi cittadini, questo fa si che l’accordo ancora non sia effettivamente chiuso e di fatto sia fuori tempo massimo (la deadline era fissata all’inizio di febbraio). Dalla validità messa in discussione e decaduta ad ottobre dell’accordo raggiunto 15 anni fa,  la direzione in cui si sembra diretti, per i più, è un "Safe Harbor Vol.2", una riproposizione di accordo con diverse rivisitazioni che si allinei maggiormente, ma per ora sembra non troppo, alle normative e ai requisiti richiesti dall’UE. Teneremo sott’occhio gli sviluppi dei prossimi giorni per capire i dettagli di questa “presunta” nuova intesa.

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