Che c’entra Giambattista Vico con l’innovazione? In questo caso serve per descrivere alcune esperienze in campo internazionale, più precisamente in Svezia dove è stata creata la Vittra International Schools. Ovvero un collettivo di scuole che si dicono rivoluzionarie per ciò che concerne i metodi di formazione, istruzione ed apprendimento. La chiave di volta riguarda il bambino, che con le sue esigenze viene messo al centro del processo formativo, incentivando la libera creatività e l’espressione di sé, agevolando il bilinguismo e favorendo la circolazione di idee e progetti in ambienti aperti e di tipo innovativo.
Un percorso, o meglio, un concept formativo, questo, che probabilmente non esplicità nessun approccio nuovo, e che se si prende in considerazione il metodo Montessori, appare rivoluzionario solo in parte, ma anzi, forse palesa più di qualche scopiazzatura.
Un progetto analogo, avevo tentato di attuarlo nel 1996/1997, coinvolgendo bambini della fascia d’età che va dai 6 ai 15 anni. Il tema che avevo pensato di affidargli riguardava un laboratorio virtuale fatto di idee. A partire dalla più famosa storia stimolo di fantasia e creatività, delle “Ventimila leghe sotto i mari”, si cercava di far lavorare i ragazzi sul piano dell’astrazione e dell’immaginazione e di stimolare il pensiero creativo, in alcune circostanze potevano emergere cose irrealizzabili come spesso accade con la fantascienza, ma che in alcuni casi e dopo anni si sono trasformate in realtà.
Alcune delle novità di queste nuove esperienze svedesi riguardano il cambiamento strutturale, come nell’esempio della Telefonplan dove non ci sono pareti, la mancanza di muri fisici contraddistingue l’assenza di muri mentali, cercando di infondere la propensione all’apertura ai giovani studenti, alla quale è richiesto di occupare liberamente gli spazi in un clima di creatività, indipendenza e partecipazione. L’obiettivo è quello di creare, un domani, uomini e donne che abbiano maggiore capacità e propensione a rientrare nella branchia dei cosiddetti creativi, curiosi e open minded, dotati di una visione estensiva.
L’approccio open space come quello open minded atto a stimolare l’apertura mentale, pertanto richiede spazi adeguati. Molti sostengono che l’ambiente influenza l’apprendimento e deve evolversi dinnanzi ai contenuti che caratterizzano la strategia ed il progresso della società. Siamo, quindi, dinanzi ad un nuovo sistema scolastico, che sia dunque la strada giusta? Sono sufficienti i locali open space con colori sgargianti e particolari, una maggiore liberta di movimento dei giovani studenti, senza particolari controlli? Non si va forse verso un’autogestione sia nel comportamento che nell’agire? Sono in grado questi giovani senza stimoli a raggiungere traguardi ed obiettivi che potranno essere utili per il loro domani? Questa nuova tendenza è quindi in una fase di sperimentazione, magari solo fra qualche anno capiremo se il sistema è stato un fallimento o un successo.
Così come accade con la formazione e l’istruzione ai giovani, la sperimentazione si propaga anche fra gli adulti nelle aziende, oggi anche nel mondo del lavoro si parla di open space, open minded, trasformazioni strutturali e smart working (lavoro intelligente). Siamo certi che sia per forza lavoro intelligente quello che ci vede in un salone open space come i bambini della Telefonplan, con un’età completamente diversa rispetto ai manager del mondo del lavoro.
I sociologi e gli psicologi non debbono soffermarsi a situazioni di tipo estemporaneo, bensì debbono cercare, nei limiti del possibile, di basare le proprie scelte su piani di tipo tecnico/scientifico e non solo su piccole esperienze che apparentemente colpiscono docenti, discenti, genitori ed autorità. Forse ciò accade solo perché siamo alla spasmodica ricerca di rinnovamento. E’ la strada giusta?