A livello europeo, ma anche nazionale, pensando alla correlazione tra sicurezza e tecnologia sorgono diversi interrogativi. Se un cittadino ascolta la radio, guarda la televisione, sfoglia la rassegna stampa, avrà la netta sensazione che non c’è più nulla da scoprire, tutto e il contrario di tutto è stato inventato, tutto è disponibile. C’è il satellite che riesce a definire il pesce di medie dimensioni nel mare, c’è il monitoring e lo sviluppo dell’agricoltura sempre con il rilevamento satellitare. Andiamo in aeroporto e sembra di venire sottoposti ad una tac, meglio della normale radiografia; le macchine riescono a parlare l’una con l’altra, comunicano mediante sensori e Internet of Things.
Ma ecco che poi ci svegliamo all’improvviso e troviamo disgrazie a Nizza, disgrazie in Francia, barconi che affondano, macchine che trasportano cose che non debbono trasportare, ma nessuno fa le dovute riflessioni. Siamo sempre pronti ad analizzare l’evento della giornata e ad andare avanti. Il vero dramma è che dinanzi a perdite umane in maniera così esagerata sembra ormai che siamo abituati o dobbiamo abituarci, come se tutto rientrasse nel concetto della normale convivenza. Questa è sicurezza? Questo è progresso? Significa crescita? Significa accoglienza? Significa integrazione? Lascio a voi il commento.
Parliamo di innovazione, internet delle cose, cloud computing ed alla fine guardando al nostro territorio scopriamo che molti paesini sono privi di tecnologia, di trasmissione e di adeguate infrastrutture di Rete, quindi se tutto va bene viaggiamo a 2 Mbps. Ed ecco che il cittadino scopre che manca la banda larga. Poi quando leggiamo la stampa e vediamo la top ten della BUL, tra i primi 10 Paesi con le connessioni più veloci troviamo Norvegia con il 21.3%, Svezia 20.6%, Svizzera 18.7%, Lettonia 18.3%, Olanda 17.9%, Repubblica Ceca 17.8%, Finlandia 17.7%, Danimarca 17.2%, Romania 16.1%, Bulgaria 15.8%. Dove si trova l’Italia? Siamo collocati a una media dell’8.2%. Detto ciò si evince più che mai l’urgenza di una nuova pianificazione. Al Governo dovremmo trovare gente che crede alla programmazione, le priorità sono le PMI, le scuole, l’università; cosa serve alle imprese, cosa dobbiamo insegnare agli studenti di oggi e di domani? È necessario un modello adeguato e non la consueta ripetizione di lezioni vecchie di 30 anni. Magari dovremmo mettere la tecnologia al servizio di ciò che conta, non usarla soltanto per riempirsi la bocca, ma applicarla allo sviluppo anche e soprattutto ricucendo quel filo che la collega alla sicurezza, una problematica collettiva e sociale più che mai urgente e attuale.