La commissione europea ha presentato il 14 settembre scorso un piano di azioni riguardanti l’installazione del 5G. Il disegno riguarda la copertura totale di tutte le città e nello stesso tempo di tutte la rete di trasporto della UE, anche le autostrade, fino ad arrivare alle province e anche ai paesini più isolati. Il tutto dovrebbe essere realizzato entro il 2025. Si punta anche ad utilizzare la tecnologia wireless almeno in una grande città di ogni stato membro entro il 2020.
Il piano di sperimentazione sul 5G partirà dal 2018 e sarà realizzato con test paneuropei. Secondo quanto dichiarato da Claude Juncker nel suo intervento sullo stato dell’Unione, l’Europa elaborerà degli standard comuni per tutti i 27 paesi.
L’Italia ha difficoltà per liberare il passaggio dei 700 Mhz dal digitale terrestre al broadband mobile e al 5G. Francia e Germania hanno già fatto l’asta nel 2015. Si parla di nuove opportunità anche con l’IoT – Internet delle cose. Speriamo che nel nostro paese, Renzi in testa, sappiano valutare l’importanza di simili innovazioni e non si creino difficoltà verso gli altri Paesi. La speranza è che l’Italia proceda in questa azione d’insieme senza generare problematiche e senza propiziare un’utenza a macchia di leopardo.
Il problema delle frequenza ha sempre creato criticità, in particolare proprio nell’ambito dei 700 Mhz. Ero già membro del consiglio superiore delle telecomunicazioni quando il consiglio dovette dare il proprio parere in merito, ma le frequenze pur essendo destinate e “private” erano utilizzate dalla difesa, che non ha ostacolato il passaggio alla compagnia di TLC Telecom Italia, ma per motivi “tecnici” i tempi di attesa sono stati lunghi e ancora oggi il problema si ripete. L’Italia sembra che non voglia anticipare al 2020 il passaggio dei 700 Mhz. Tale banda nel nostro Paese è occupata da emittenti locali e nazionali, tutti con diritto d’uso in scadenza nel 2032. La normativa consente un ritardo di due anni, ma debbono essere giustificati.
Vi è, dunque, la necessità di essere tutti i Paesi insieme, sia per armonizzare lo spettro sia per creare uno standard unico. Il governo dovrebbe mettere tutti gli attori attorno ad un tavolo con l’auspicio di trovare punti di incontro e cercando di creare meno danni possibili.