L’impressione diffusa è che il mondo del marketing e della comunicazione ormai ruoti tutto intorno al web. Quando hanno un budget limitato molte imprese, prevalentemente le PMI, dirottano i propri sforzi sulla rete che consente buoni ritorni anche dinnanzi a investimenti economici esigui. Molto spesso però ci si dimentica che per fare marketing e comunicazione sul web, serve comunque esperienza e capacità, non siamo dinnanzi ad una "bacchetta magica", serve un’accurata pianificazione. Si parla molto di digitale, molte aziende però nel concreto fanno ben poco in modo adeguato.
Forse non tutti sanno che nel nostro Paese ancora troppe aziende non hanno ancora registrato un dominio internet. Lo dimostrano le ricerche, esperti del CNR hanno misurato la diffusione di internet sulla base del rapporto tra il numero dei domini .it e gli abitanti, ed i risultati emersi non sono per niente eccezionali. Ogni 10.000 abitanti si contano 23 professionisti con il dominio .it. Da quanto risulta il tasso di penetrazione tra la popolazione maggiorenne e residente è di 285 domini ogni 10.000 abitanti, numero molto basso se si pensa che in Germania, punto di riferimento europeo per le politiche industriali e la digitalizzazione del tessuto produttivo, a fine 2015 il tasso di penetrazione dei domini era pari a 1.830 domini ogni 10 abitanti, dato che risulta più di 6 volte il valore misurato in Italia. Il tasso di penetrazione dei domini di un paese è una metrica oggettiva, è certamente un punto di partenza per iniziare a misurare il grado di sviluppo della cultura digitale di un paese, ed è palese che dalle nostre parti si palesa un’evidente arretratezza.
Potremmo dire con un termine abusato che c’è uno "spread" che dovrà essere ridotto per raggiungere una cultura digitale adeguata. Che cosa serve? Una politica di education manageriale in grado di favorire e riproporre su tutto il territorio delle esperienze positive che oggi, purtroppo, nel nostro paese sono presenti solamente a macchia di leopardo. Tutti noi scriviamo sempre che il nostro paese è fortemente creativo e competente, ma talvolta la verità è ben diversa ed è chiaro che sul fronte digitale siamo indietro, quindi non soffermiamoci sugli slogan ma tentiamo di essere seri e concreti.
Anche il nostro paese ha diversi nativi digitali che hanno ormai capacità ed abitudini legate alla rete. Sono delle risorse che nascono spontaneamente, ma non confortate da un piano strategico nazionale.
La burocrazia del nostro paese è così forte che non consente ai cosiddetti giovani di buona volontà di potersi inserire in un tessuto socio economico competitivo per dare una risposta a se stessi ma anche al paese. Lacci e “lacciuoli” ormai ne sono una costante. Il nostro è un Paese che per snellire le procedure fa altre leggi che il più delle volte devono essere interpretate, vengono emanati decreti attuativi…
Quanto è stato scritto purtroppo non è noto, è stranoto. Tutto il mondo politico ne parla, ma nessuno ha voglia di togliere la burocrazia, verrebbe meno il ruolo dei burocrati, il ruolo dei politici e probabilmente messo in discussione il loro potere. La digitalizzazione da l’idea della trasparenza, ma noi siamo così bravi che la nostra digitalizzazione oggi è tutt’altro che trasparente.