Abbiamo trattato diverse volte il tema della comunicazione pubblica, nella dimensione politica e non solo, attenendoci il più possibile ad una terminologia tecnica e professionale, un compito arduo in quanto il lettore la legge secondo i propri convincimenti ed orientamenti.
Molti giovani che intendono fare delle tesi universitarie descrivendo e trattando la campagna politica dei repubblicani o dei democratici negli Stati Uniti d’America, avranno serie difficoltà a ritrovarsi su alcune logiche oggetto di studio nei propri banchi universitari.
Le tonnellate di carta riempite da molti esperti nel campo della politica, del giornalismo e degli opinionisti sono state completamente cancellate per le loro inesattezze e per comunicazione non probante. Così è possibile anche per quei sondaggisti che normalmente danno risultanti, previsioni, percentuali e probabilità di vittoria finale. Questi non solo hanno fallito ma come si fa nelle migliori famiglie dovrebbero adottare un istituto consolidato che è quello del silenzio.
Invece no, il giorno dopo con faccette serene provano a spiegare come ha vinto e come ha perso il candidato sostenuto, senza scusarsi minimamente per essere riabilitati dai propri lettori. Con questo si può definire la malattia della disinformazione. In questo ambito, modestamente, pensavamo di essere ben piazzati nel contesto della comunicazione globale, ma purtroppo con somma sorpresa abbiamo visto che altrove ci hanno superato distanziandoci di molto. Meno male che eravamo ritenuti fino al giorno prima “guru della comunicazione”. In questi casi cosa fare? Per professionisti e imprenditori è meglio voltare pagina, mentre per i giovani studenti è un’ottima occasione per elaborare delle tesi non di tipo compilativo ma sperimentale con la speranza di essere un pochino più seri.