Per un modesto lettore è veramente difficile comprendere l’andamento del Paese, a partire dalla borsa, dalle confederazioni imprenditoriali e, in alcuni casi, anche dal mondo accademico.
Ogni istituzione, sia pubblica che privata, rappresenta il proprio pensiero senza tenere conto di alcuni indicatori, che sono basilari e di riferimento. Non si tiene conto di una serie storica che possa essere definita probante, si prende a mo’ di esempio una positività o negatività di un piccolo segmento del Paese, come punto di riferimento sia per le positività che per le negatività complessive.
Molti sostengono che contratti a tempo indeterminato, collegati all’evoluzione tecnologica che stiamo vivendo, non solo in Italia, ma a livello internazionale, comportino un costante aggiornamento del personale, senza consentire alle PMI una programmazione di tipo tri o quinquennale.
Si va verso aspetti contrattualistici legati a progetti, che, il più delle volte, non sono finanziati né da organi pubblici del nostro Paese (Comuni, Province e Regioni), né dall’Europa. Non a caso, puntare a partecipare a progetti nazionali ed europei il più delle volte risulta una vera e propria cabala, in quanto un progetto che contiene tutti gli ingredienti necessari secondo i contenuti dei relativi bandi, può vedersi spesso escluso per motivi sempre atipici e particolari. I soggetti proponenti sono spesso pronti ad una nuova partecipazione per l’occasione successiva, superando la negatività sottolineata in precedenza, ma, anche in questa circostanza, non è una strada che si può definire vincente o sfidante.
Si chiede con molta forza un impegno, da parte del governo, possibilmente il giorno dopo le elezioni europee, a prescindere dal risultato elettorale, in quanto chi vince deve sentire il senso di responsabilità a fare, mentre chi perde deve sentire doppio senso di responsabilità, per risalire la china facendo meglio e cercando di guardare anche al mondo del lavoro.