ICC – Industrie Culturali e Creative per la coesione e la crescita dell’Italia del futuro

Il sistema produttivo culturale e creativo in Italia (costituito da industrie culturali, industrie creative, performing arts, arti visive e attività legate alla gestione del patrimonio storico-artistico) genera 78,6 miliardi di euro (il 5,4% della ricchezza prodotta in Italia), che arrivano a 84 circa se si includono istituzioni pubbliche e non profit. Quello culturale è un settore trainante, il cui valore contamina anche il resto dell’economia, con un effetto moltiplicatore pari a 1,7: per ogni euro prodotto dalla cultura, cioè, se ne attivano 1,7 negli altri settori. Gli 84 miliardi, quindi, ne “generano” altri 143, per arrivare a 226,9 miliardi prodotti dall’intera filiera culturale, col turismo come principale beneficiario di questo effetto volano. È quanto emerge dal Rapporto 2016 “Io sono cultura – l’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi” elaborato da Fondazione Symbola e Unioncamere.

Le tendenze mostrano una filiera che resiste ai morsi della crisi, mettendo il turbo alle nostre imprese: chi ha investito in creatività (impiegando professionalità creative o stimolando la creatività del personale aziendale) ha visto il proprio fatturato salire del 3,2 % tra il 2013 e il 2014, mentre segmenti come quello del design si arricchiscono anche grazie alle nuove spinte legate all’ ”innovazione verde” e alla necessità di conciliare bellezza, funzionalità e sostenibilità.

Eppure, nonostante i dati rilevanti, il ruolo delle industrie culturali e creative è ancora largamente ignorato e la tendenza alla misurazione delle performance socio-economiche del settore è relativamente recente. Inoltre, per molti le arti e la cultura rimangono ambiti legati all’intrattenimento, concezione che conduce alla conseguente percezione di questi settori come marginali in termini di contribuzione economica e, perciò, relegabili nella sfera dell’intervento pubblico.

Con l’avvio della programmazione 2014-2020, formalizzata nella Strategia Europa 2020, dall’Unione Europea provengono indicazioni, opportunità e sfide per il settore culturale e creativo su diversi fronti: la gestione innovativa del patrimonio, il futuro del comparto audiovisivo, l’avvio del mercato unico digitale, il sostegno al turismo culturale europeo, tutto con una particolare attenzione al coinvolgimento della società civile, delle istituzioni pubbliche e private e alla definizione delle politiche culturali nazionali e locali. Oltre al programma Europa Creativa, che ha come obiettivo primario la creazione di una cultura europea condivisa e basata sul comune retaggio che fonda la nostra identità, l’impegno del Parlamento Europeo ha reintrodotto cultura, ricerca umanistica, digitalizzazione del patrimonio, ICC e turismo nei programmi Horizon 2020, COSME e nei Fondi di Coesione e Sviluppo rurale. Dal 2010 il Trattato di Lisbona ha accresciuto la rilevanza della cultura affermando la libertà dell’arte e della ricerca e il rispetto delle diversità culturali, religiose e linguistiche, rafforzando gli obiettivi dell’Agenda Europea per la cultura del 2007 e riconoscendo anche il valore economico del settore. Con il libro verde sulle ICC, si è definito e ampliato il perimetro dei settori culturali e creativi, che oggi includono anche architettura, archivi, biblioteche e musei, artigianato artistico, festival, musica, letteratura, radio, performing arts.

Sempre maggiore importanza sta assumendo la capacità delle industrie culturali e creative di essere cross-settoriali e di sviluppare competenze e attività multidisciplinari, sconfinando soprattutto nel campo dell’ICT. La tecnologia digitale ed in particolare la crescente diffusione di Internet sono i maggiori driver di crescita nell’industria dei creative media. L’impatto sul consumo dei media è stato dirompente negli ultimi anni e costituirà uno dei pilastri del settore culturale nel futuro. Allo stesso tempo, i contenuti creativi sono i fattori chiave per l’utilizzo e la diffusione dell’ICT.  Due settori interdipendenti, dunque, che non possono prescindere dalla mutua collaborazione e dal dialogo con il nuovo pubblico, altro importante attore della catena culturale. E se, come diceva Cesare Brandi nella sua “Teoria del Restauro”, il riconoscimento di un’opera d’arte è un “riconoscimento che avviene nella coscienza ed è doppiamente singolare, sia per il fatto di dover essere compiuto ogni volta da un singolo individuo sia perché non si può motivare che per il riconoscimento che il singolo individuo ne fa”, esso non può prescindere dagli occhi e dai sensi di chi guarda. È per questo che un ruolo importante è attribuito alla formazione e allo sviluppo di nuovo pubblico alfabetizzato, formato e consapevole, che possa essere stimolato ad investire esso stesso nel settore culturale.

In Italia, nonostante iniziative lodevoli, ma per lo più individuali, ancora manca una visione e un’azione di sistema che trasversalmente tenga insieme i territori, le comunità, le imprese, il non-profit e le istituzioni locali. Eppure una matrice di bellezza che feconda tutte le attività degli italiani è stata ed è presente sul nostro territoriocapitale umano e sociale sul quale si deve contare per affrontare le sfide di crescita future. 

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