Tra il 1800 e il 1900 dal punto di vista della ricerca scientifica, della creatività e dell’innovazione tecnologica abbiamo raccolto molto, con delle scoperte decisamente importanti.
Quando si è scoperto il telegrafo vi erano le solite posizioni spaccate, da una parte la comunicazione nel mondo attraverso l’alfabeto Morse in pochi secondi, dall’altra lo spavento per la rapidità della comunicazione.
La scoperta della radio con il criterio del broadcasting ha messo in collegamento il mondo e si è subito pensato che la carta stampata sarebbe stata messa in forte sofferenza. La televisione? Un altro peccato mortale, metteva in collegamento il mondo con voce, dati e immagini. Il telefono una scoperta eccezionale che ha visto l’Italia e gli Stati Uniti d’America in conflitto per decifrarne la giusta paternità. Per non parlare della penicillina scoperta che pur avendo moltissimi detrattori, di fatto ha salvato il mondo. Mi sono soffermato su questi esempi, soprattutto sull’ultimo che pur uscendo dal selciato delle TLC rende bene l’idea, solo per poter comprovare che dinnanzi al progresso e all’innovazione, talvolta, il soggetto umano reagisce in modo veramente bizzarro. Dinanzi alla novità, senza nemmeno capire l’importanza si è subito pronti a puntare il dito e a creare due schieramenti, in alcuni casi paritari ed in altri maggioritari o minoritari. Si ritorna al solito discorso della comunicazione corretta che non riusciamo mai e poi mai a toccare.
Abbiamo sempre delle notizie che non per forza sono di carattere politico, ma spesso riguardano l’innovazione, che vengono immediatamente criticate, con la stampa sempre pronta a star dietro ai vari fronti che emergono. Questa cos’è democrazia? E’ informazione? Oppure è disinformazione?
Nel recente passato con una forma di tipo giuridico consolidata si parlava di gestione della comunicazione e dell’informazione secondo il criterio del buon padre di famiglia. Ma l’impressione è che a questo buon proposito sia saltato tutto. E’ tutto da rifare come diceva Bartali. Bartali era un campione del ciclismo e poteva concedersi anche queste forme di libertà di espressione, per una infinità di motivi, ma noi no.
Il dramma odierno è che queste critiche vengono da alcune fonti che si definiscono tecnico-scientifiche, ma che per molti nulla hanno a che vedere con il tecnico e con lo scientifico, ma solo con un modo poco elegante per poter far parlare di sé. Con il termine profilo scientifico si intende un minimo di cv sul piano della ricerca applicata, dal mondo universitario e non, e per tecnico si intende esperienza manageriale, tecnologica, applicazione e sviluppo operativo sul campo, nei vari settori coinvolti, un profilo in grado teoricamente di esplicitare concetti con cognizione.
A conclusione di questa critica, mi rivolgo con speranza ad una Europa e ad una Italia convergenti verso l’innovazione, sperando che l’esperienza e la storia del passato a contatto con le reazioni alle grandi invenzioni di un tempo, possano servire da insegnamento, possano quindi scaturire un cambiamento verso questa rotta alla quale tutti noi auspichiamo.