Il mandato di Mario Draghi alla BCE, iniziato da pochi giorni, in coincidenza con un acuirsi straordinario della crisi dei debiti sovrani di alcuni stati dell’Unione, si presenta estremamente difficile.
The Economist, affermando "è l’ora di SuperMario" che dovrà "mettere a posto le tubature" (riferendosi all’idraulico protagonista di un popolare pc game di alcuni anni fa) sottolinea la difficoltà del suo mandato, in quanto dovrà essere "più audace" del suo predecessore, il francese Trichet.
La crisi del debito sovrano, che coinvolge primariamente la Grecia e solo in secondo luogo Italia e Spagna, necessita soluzioni che siano parte di un piano globale che ricostruisca delle fondamenta le regole per la permanenza nella Moneta Unica. Le regole finora stabilite sono state in parte disattese truccando i conti (Grecia) oppure allentate per fare fronte alla crisi finanziaria mondiale del 2008 (la maggior parte dei Paesi europei), portando il rapporto deficit/Pil ben oltre il tetto del 3%. Ora serve il coraggio di "essere radicale", rassicurando i mercati e sostenendo la crescita, limando l’eccessiva rigidità del suo predecessore, al quale deve essere comunque riconosciuto il merito di avere tenuto sotto controllo lì inflazione e affrontato con accortezza la crisi del 2008.
Il salvataggio della Grecia sta divenendo un problema politico oltre che economico – finanziario. Non è l’ammontare del debito greco a preoccupare i mercati, ma il modo in cui, in tutti i Paesi dell’Unione, si sta affrontando la questione. I cittadini tedeschi sono riluttanti ad accollarsi i costi del risanamento, analogamente ai francesi, le cui banche sono fortemente esposte sui titoli di Stato greci. Al punto che recentemente Moody’s ha messo sotto osservazione Germania e Francia, dubitando che la tripla A possa essere mantenuta se dovranno finanziare i piani di aiuto (trasferimenti di capitale) alle banche coinvolte, per rafforzarne la patrimonializzazione.
Aiutare la Grecia significa sottrarre risorse al proprio Paese, sia riducendo il deficit, sia limitando le risorse destinate a finanziare la crescita economica interna: un costo politico che influisce sulle scelte elettorali dei cittadini, ora critici nei confronti della Merkel e di Sarkozy. Ma una scelta inevitabile, perché senza aiuti i default della Grecia è pressoché certo, ed esso andrebbe a mettere a rischio gli altri paesi "deboli" del’Europa: l’Italia, la Spagna, il Portogallo. Lo si è visto in questi giorni, con le conseguenze sugli spread dell’annuncio del referendum in Grecia. Azione, quest’ultima, che dimostra la irresponsabilità del governo ellenico, che per un puro calcolo politico e senza consultare preventivamente i suoi colleghi europei, inserisce un fattore di incertezza sul piano di aiuti concordato con l’UE. I mercati temono l’incertezza, ed essa diventa un costo aggiuntivo che si trasmette, per effetto "domino" su altri Paesi, quali l’Italia e la Spagna. Un notevole problema per la Bce, ma siamo fiduciosi nelle capacità e nell’equilibrio del nuovo responsabile della Bce.