Sta per terminare il ciclo di finanziamenti europei 2007-2013 ed emergono le inefficienze del Mezzogiorno. Un’area che è stata censita come la più grande area depressa d’Europa, con un reddito medio di soli 17mila euro annui ed una ricchezza inferiore al 70% del valore medio UE, non è stata in grado di usare i fondi europei. L’ammontare che la Comunità aveva messo a disposizione ammontava a 43,6 milioni di euro, ma solo il 10% è stato finora corrisposto.
Uno spreco di risorse che mette in luce i punti deboli del Meridione d’Italia: non la carenza di fondi, ma l’incapacità delle strutture locali ad elaborare progetti concreti, a presentare iniziative ammissibili. Manca la progettuali e la programmazione, la burocrazia è eccessiva e soprattutto scarseggiano le competenze per comprendere i programmi di finanziamento europeo ed elaborare progetti coerenti con essi. Così, come rilevato dall’Ifel, fondazione dell’Anci che studia la finanza locale, i progetti presentati erano eccessivamente segmentati, oltre ad essere dedicati a temi che sono marginali ai fini dello sviluppo.
Si sono perse opportunità preziose: gli investimenti UE del ciclo 2000-2006 hanno creato in Europa oltre un milione di posti di lavoro di cui otto su dieci nelle PMI, oltre a costruire 4.700 km di autostrade e 1.200 km di ferrovie.
Ora che si prepara la seconda tranche di aiuti comunitari (2014-2020) ci si augura una maggiore efficienza e, soprattutto, un maggiore impegno delle Istituzioni.