Un Papa che viene dal continente a più alta densità di cattolici (il 40% dei 1,2 miliardi di fedeli nel mondo), arcivescovo di Buenos Aires, che ha conosciuto la fatica di vivere dei poveri. E che in segno di solidarietà e vicinanza non abitava in ricchi palazzi, ma in semplici ed umili appartamenti; che viaggiava in autobus e metropolitana per conoscere meglio la sua diocesi.
Jorge Mario Bergoglio si presenta alla folla che lo acclama semplicemente come il Vescovo di Roma, e il nome scelto – Francesco – richiama alla mente il Santo di Assisi, vicino ai poveri e ai valori fondanti del Cattolicesimo.
Un conservatore, che chiede alla Chiesa semplicità e misericordia, e che tempo fa dichiarò che la Chiesa non doveva cadere in "quella che De Lubac chiama mondanità spirituale", ovvero "mettere al centro sé stessi".
Un religioso che parla di "giustizia sociale", che invita a riscoprire il catechismo, i Dieci Comandamenti, e che afferma che "calpestare la dignità di una persona è peccato grave".
Papa Francesco rappresenta una speranza per tutto il mondo, specialmente nel ricco mondo occidentale, dove la povertà avanza e toglie serenità alle famiglie, futuro ai giovani, risorse ai Paesi. Dove si accresce, con l’indebolimento delle classi medie, la diseguaglianza sociale. Dove la solidarietà diventa difficile a causa dei vincoli di bilancio, e gli interessi delle banche e delle multinazionali sovrastano gli interessi dei cittadini.
Una Chiesa più sobria ed attenta ai bisogni – morali e materiali – dei fedeli, il cui Papa afferma "La mia gente è povera e io sono uno di loro", metterà a tacere le maldicenze che l’hanno colpita in questi ultimi anni, restituendole il ruolo di guida morale, non solo per i cattolici.