L’Expo 2015 è finito, nel complesso con una certa soddisfazione da parte degli organizzatori e forse un po’ meno da parte del pubblico. Se ne è parlato molto con tutti gli strascichi sull’efficienza, ma anche con tutte le preoccupazioni del caso in termini di ordine pubblico e sicurezza, a maggior ragione se si considerà che l’evento apriva al pubblico all’indomani dell’attentato alla sede di Charlie Hebdo. Lunghi periodi di preparativi e ad oggi quasi senza accorgercene realizziamo che l’esposizione universale appartiene già al passato. Finito l’Expo, un evento tutto sommato gradevole, ci destiamo dal torpore e ci troviamo risucchiati in un nuovo tragico e sconvolgente attacco terroristico. Accade Venerdi 13 e la Francia è nuovamente sotto attacco. In più luoghi: le esplosioni all’incontro di calcio fra Francia e Germania, lo sterminio al Teatro Bataclan, il terrore presso bar e ristoranti; su sette attentati contemporaneamente si è consumata la tragedia. Dai media arrivano le notizie talvolta imperfette di una tragicità devastante.
Anche la Francia quale Paese Europeo ha dimostrato di essere vulnerabile. I vari Governi europei si sono impegnati per porre paletti teorici riguardanti la sicurezza, ma si sono palesate testimonianze più di circostanza che di contenuto.
Un errore ricorrente compiuto dal mondo politico, in particolare nel nostro Paese, riguarda le analisi di tipo sociologico diffuse che si è in grado di esplicitare in concomitanza di tali accadimenti, trascurando e facendo implodere, nei limiti del possibile, verità e concretezza. Nel frattempo abbiamo avuto rassicurazioni dal Santo Padre che dinnanzi a simili tragedie ha manifestato la sua preghiera. Risposta secca e pertinente sia per il mondo cattolico che per quello islamico.
Ma non abbiamo avuto niente di più. Questi giovani che taluni commendatori hanno definito “delinquenti” (io li definirei mostri), alcuni abbattuti durante l’agguato, meno qualcuno, hanno messo e stanno mettendo a soqquadro il mondo intero, non solo per la gravità degli attentati ripetuti, ma anche per la facilità di fuga e di aggirare sicurezza e giustizia con una modesta carta d’identità falsa. Dall’intelligence, stando a quanto detto dal mondo degli opinionisti, probabilmente sono rimasti sorpresi di non avere nome, cognome e indirizzo, più numero cellulare degli attentatori.
Questi giovani massacratori mentre sparavano urlavano inneggiando ad Allah. Oggi uno dei compiti di noi europei è quello di parlare un linguaggio chiaro e semplice che si fa voce e riporta il quinto comandamento, per chi ci crede, e che recita così: “non uccidere”!