Nell’evoluzione della telefonia mobile, la diffusione degli smartphone sta spostando rapidamente lo sviluppo del traffico dalla voce ai dati: un mutamento che mette a rischio le reti, provocando non pochi interrogativi ai gestori di telecomunicazioni.
Gli smartphone sono stati la felice intuizione di un’industria degli apparati mobili che ha saputo reinventarsi ed evolversi in modo straordinario. Se ancora oggi la durata di vita di un cellulare è largamente sotto i due anni, lo si deve alla sua continua evoluzione: schermi più grandi, poi a colori; integrazione di altri apparecchi (macchina fotografica, lettore mp3, antenna gps per la navigazione satellitare); applicazioni più semplici e potenti. Ora la possibilità di navigare sul web con schermi larghi 800 pixel (come una pagina web vista sul pc) consente infiniti utilizzi in mobilità.
Il traffico cresce esponenzialmente: in Gran Bretagna, nel mese di dicembre si è navigato da cellulare – sul solo sito di Facebook – per 2,2 miliardi di minuti.
Riuscirà la rete mobile a sostenere questo crescente traffico? Gli smartphone utilizzano banda larga in misura maggiore di 30 volte un normale cellulare. Mike Lazaridis, ceo di RIM ha dichiarato al Mobile World Congress di Barcellona che le reti rischiano il collasso se i produttori di smartphone non riescono a sviluppare apparecchi che utilizzano meno banda larga. L’AD di Telecom Italia, Franco Bernabè, ha affermato che il mercato delle applicazioni per smartphone è “destinato a esplodere” ed è “…il fenomeno più importante del momento, il più rappresentativo di quanto sta accadendo nel mondo della telefonia mobile”. Ma le applicazioni generano profitti per gli sviluppatori, non per gli operatori, e quindi, secondo Bernabè “il problema degli operatori è come mantenere una qualità adeguata di fronte a questa enorme esplosione del traffico dati”.
Serve quindi un nuovo modello di business per gli operatori, e questo sarà il punto centrale dello sviluppo delle tlc mobili nei prossimi trimestri.