Fare impresa con l’e-commerce. Intervista a Giuliano Russo.

Nel nostro Paese lamentiamo un certo ritardo nel processo di apertura al digitale e alle nuove tecnologie, piano piano però stiamo recuperando il gap rispetto alle medie europee e globali, e se c’è un settore dove gli sviluppi sono più positivi e rapidi, è quello del commercio elettronico. In questo ambito vi proponiamo il racconto di Giuliano Russo, responsabile di uno dei casi di maggiore successo del fare impresa con l’e-commerce in Italia, i suoi progetti sono in grande sviluppo, la sua storia imprenditoriale ha ricevuto una menzione speciale dell’Avv. Franco Frattini al Premio Italia Giovane.

1- Ciao Giuliano, il tuo percorso è passato per molti luoghi dell’e-commerce, ci potresti raccontare la tua crescita imprenditoriale fino ad oggi e, dal tuo punto di vista, come è cambiato negli ultimi anni il commercio elettronico e l’approccio del consumatore all’acquisto online?

Ciao! La mia storia imprenditoriale ha avuto inizio ormai 9 anni fa. Ai tempi avevo 20 anni ed ero iscritto alla facoltà di Giurisprudenza. Quasi per gioco, ho fondato una ditta individuale che ho chiamato Giuliano Store. A quei tempi vendevo materiale informatico sul portale e-commerce ebay sul quale ho aperto l’ormai famoso canale che porta il nome della mia azienda. Lavoravo da solo, nella mia stanzetta, dove trascorrevo le notti a pubblicare inserzioni e rivendere i prodotti. Con tanta caparbietà e duro lavoro, dopo un paio d’anni, sono riuscito a fondare il sito web e-commerce www.giuliano-store.com. Ho assunto qualche collaboratore e quel gioco è diventato il mio lavoro.

Contemporaneamente agli impegni con il portale e-commerce, inizio a lavorare a un progetto molto più ambizioso, quello di fondare un brand. Questo progetto da lì a poco prende forma e a novembre 2010 nasce ufficialmente VulTech. Con questo marchio la mia azienda inizia l’importazione di prodotti tecnologici e accessori informatici per rivenderli in Italia, promuovendoli sul web attraverso il sito ufficiale www.vultech.it.

Da quel momento tutto ha iniziato a muoversi velocemente. Quasi non mi accorgevo del tempo che passava. Ho focalizzato gli obiettivi nel costruire una rete distributiva, partendo ovviamente dalla Campania, la mia regione. Il mercato rispondeva bene alla nostra offerta e in breve tempo abbiamo raggiunto anche altre zone d’Italia. Nel frattempo, ho lasciato la mansarda di casa e ho trasferito l’azienda in una vera e propria sede, con uffici, cash & carry e deposito per i prodotti.

Nel contesto contemporaneo è importante sapersi adattare in continuazione al cambiamento. Il mercato si sta spostando sempre più in Rete. Siamo nati grazie al web e dal web abbiamo imparato molto. Oggi al mercato non ci si approccia più pensando di interloquire con un consumatore passivo, pronto a comprare qualsiasi cosa gli si propini. Oggi le persone sono molto esigenti, sono abituate a confrontare le marche, si informano prima di effettuare un acquisto. E, soprattutto, vogliono essere ascoltate. I social media, insieme agli altri canali di comunicazione, sono i nuovi strumenti dell’evoluzione del business. Attraverso questi canali le persone ci parlano, ci fanno richieste e ci chiedono prodotti sempre più personalizzati, calibrati sulle loro esigenze. Dobbiamo imparare ad ascoltare queste richieste ed entrare nella mentalità secondo la quale i consumatori devono essere visti come diretti progettisti dei nostri prodotti.

Internet è uno strumento potentissimo, in grado di fare la fortuna di un’azienda. Ma al tempo stesso, se non lo si sa utilizzare, può rivelarsi un’arma di distruzione.

2- Il modello di business VulTech da dove nasce?

Il modello di business VulTech nasce proprio da queste basi, da un approccio verso un mercato formato non più da consumer, ma da prosumer. Quando ho fondato il mio brand avevo capito di dover creare un’azienda con un approccio che non doveva essere orientata al prodotto, ma alle persone. Ho lavorato, allora, alla progettazione di accessori informatici e di elettronica che potessero essere una risposta alle richieste del mercato: prodotti hi-tech affidabili e a buon mercato.

3- Dall’importazione e il commercio elettronico di prodotti tecnologici e accessori informatici hai ampliato il tuo business al settore sicurezza. Dunque visti i tempi proibitivi, il tuo caso dimostra che ”in Italia si può”?

Sottolineo che in Italia si può! Il nostro paese è ricco di menti eccelse che meritano di avere una chance di poter vivere e lavorare nella loro terra. Per quanto mi riguarda, posso dire che mi è bastato “solo” investire e credere nelle risorse adatte.
Vorrei porre l’attenzione proprio sulle risorse che compongono la mia azienda, perché è grazie a loro che posso affermare che in Italia si può: età media di 29 anni e soprattutto mentalità vincente, atta al raggiungimento dell’obiettivo. Non contano orari e impegni personali quando c’è da concludere un progetto perché tutti condividiamo il medesimo obiettivo.
Ho cercato di costruire un’azienda sulla base delle esigenze dei miei collaboratori, ispirandomi (con le dovute proporzioni) a chi ha fatto la storia dell’imprenditoria come Adriano Olivetti. La nostra struttura, sita nell’area industriale di Aversa Nord, comprende una mensa  per condividere momenti conviviali e un’area dedicata allo sport composta da palestra, campo da basket e ping pong. Siamo tutti molto giovani e al momento non ne abbiamo l’esigenza, ma è in progetto anche una nursery per le neo-mamme. Sono e resto dell’opinione che un lavoratore è una risorsa e come tale dev’essere trattata. Passiamo gran parte della giornata qui in azienda, pertanto sento la necessità di offrire un luogo di lavoro sereno, dove l’esperienza lavorativa sia percepita come un momento positivo, di crescita personale.

4- Come sta il settore sicurezza in Italia? Quanto siamo consapevoli dell’importanza di tale settore?

Da luglio 2015 abbiamo ampliato il nostro business entrando nel mercato dei sistemi di sicurezza. Contestualmente a questo, da ottobre 2015 ho fondato un osservatorio no-profit chiamato O.Si.Vid. (Osservatorio sulla Sicurezza e la Videosorveglianza) per il quale sono Presidente.

Ho voluto fondarlo proprio per monitorare il settore sicurezza in Italia e per fare informazione sul tema.

Negli ultimi anni, causa anche la crisi economica, i furti e le rapine e, più in generale, le azioni criminose sono aumentate in maniera davvero preoccupante. Basti pensare al fatto che nel 2009 i furti in appartamento registrati in Italia sono stati circa 149mila, mentre nel 2014 sono aumentati a quasi 256mila. Ma a mio avviso il dato più preoccupante è che oltre il 70% dei malfattori resta impunito perché non individuati. Ecco allora che un buon impianto di sicurezza può essere certamente uno strumento di tutela. Ma, come ho già avuto modo di comunicare alla stampa, tutto questo deve avanzare di pari passo con una sempre più presente collaborazione tra pubblico e privato, tra istituzioni e cittadini.

5- In epoca di BigData, in Europa siamo riconosciuti per le restrizioni ed i vincoli sulla privacy e dei dati sensibili. Tale blocco in America viene visto come eccessivo e rallentante per la diffusione e lo sviluppo dell’innovazione. Qual’è la sua opinione in proposito?

Il discorso legato alla privacy è complesso e al tempo stesso delicato. A mio avviso, esso può rivelarsi un intralcio e talvolta ha dimostrato di esserlo nei fatti.

Basti pensare al fatto che, ad esempio, le registrazioni degli impianti di sicurezza non contemplano l’audio e il tempo di durata massimo è di 24 ore. Questi limiti spesso rappresentano un vero e proprio ostacolo alle indagini delle forze dell’ordine. Se ad essi aggiungiamo un impianto di videosorveglianza obsoleto, o comunque non all’avanguardia, ecco che può verificarsi ciò di cui ho parlato prima: la non identificazione dei malfattori con la conseguenza di dover vedere passare il reato come impunito.

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