La politica dei porti

L’Italia è un’osservata speciale a livello internazionale per la sua ubicazione geografica, per le politiche verso il mediterraneo e verso le rotte del nord. La linea strategica adottata dalle autorità portuali dovrebbe essere vista per il nostro Paese con maggiore attenzione e puntualità. Depone male quando leggiamo ne “Il Fatto Quotidiano” un articolo dal titolo “Il paradiso dell’autorità portuale”, che fotografa l’attualità della situazione portuale, raffigurandoci non tanto come una squadra di “Serie A”, lasciatemi passare il termine calcistico, ma bensì come una compagine di “dilettanti”.

Le autorità portuali in Italia sono state istituite con la legge 84 del 20/01/1994 ed in tutto sono 24. I compiti dell’autorità sono, in sintesi, quelle di indirizzo, coordinamento, programmazione, promozione e controllo delle operazioni portuali e delle attività industriali e commerciali espletate nei porti con poteri di regolamentazione e di ordinanza  anche in riferimento alla sicurezza e ai rischi di incidenti connessi a tali attività.

Volendo parlare di governance, gli organi dell’autorità portuale sono: il Presidente (viene nominato dal Ministero delle Infrastrutture e Trasporti previa intesa con la Regione interessata; rimane in carica 4 anni e può essere confermato una sola volta); il Comitato Portuale; il Segretario Generale ed il Collegio dei Revisori dei Conti.

In questo momento il governo Renzi sta cercando di rilanciare il ruolo dei porti con un piano strategico che possiamo riassumere nella maniera seguente:

– aspetti riguardanti la competitività per fronteggiare la concorrenza, la trasparenza e certamente migliorare la qualità dei servizi;

– sburocratizzare e velocizzare le procedure attuali;

– accessibilità per migliorare i collegamenti dei trasporti marittimi e terrestri;

– integrazione logistica ed imprese, in particolare integrazione del sistema logistico e delle attività manifatturiere del territorio;

– infrastrutture, puntare al potenziamento delle infrastrutture dei porti e dei collegamenti terrestri;

– sostenibilità, misure per l’efficienza energetica e ambiente;

– coordinamento nazionale con promozione centrale;

– innovazione che comprende misure per la ricerca, la formazione, lo sviluppo e il progresso tecnologico.

Le risorse previste per la portualità ed i trasporti marittimi è di circa 700 milioni destinati dalla UE alle regioni del Mezzogiorno per infrastrutture portuali rientranti nei PON, POR e Fondi FESR. 85 milioni sono già stati stanziati dal Governo per investimenti nei porti italiani nel 2015. Più di 600 milioni l’anno stanziati dal Governo per il trasporto via mare, oltre all’esistenza dei progetti finanziati dalla Banca Europea relativi agli investimenti legati al “piano Juncker”.

Le risorse non sono mai sufficienti ma, in un contesto così particolare, bisogna investirle con dei ritorni certi. Di politiche fantasiose, di fare mera filosofia non è più il tempo. Le risposte che il Paese e l’Europa si aspetta sono concrete. I progetti da realizzare devono coinvolgere il mondo universitario, quello della ricerca e delle PMI in prima fila, consentendo ad ognuno di portare la propria esperienza individuale, ma con un’ottica convergente che si possa definire all’altezza di un team innovativo di lavoro, un team di "Serie A" appunto, non di "dilettanti".

Andrea Chiappettahttp://www.andreachiappetta.it/
Creo ecositemi, credo nell’innovazione e penso che lo studio continuo e il confronto siano gli ingredienti per realizzare sinergie e soluzioni. Autore di Italia.Next edito da Rubbettino.

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