Siamo convinti che il dato ha un gran valore ed inciderà sulla vita economica di un paese. Oramai viviamo nell’era della data driven economy. Il valore della conoscenza secondo il 98% delle informazioni raccolte dagli umani nei mondo è registrato in formato digitale, lo sostiene Martin Hilbert dell’Università di California. In media le persone danno un’occhiata allo schermo delle smartphone per 150 volte al giorno, così affermano su Facebook. Anche il telefono è parte dell’anatomia umana, così dice la Corte Suprema degli Stati Uniti: gli smartphone sviluppano la nostra vita grazie al mondo digitale, dimensione ormai praticamente necessaria per socializzare, memorizzare, elaborare dati, viaggiare, pagare, ecc. In questo un ruolo da protagonista ce gli hanno i dati, una mole enorme che ognuno di noi contribuisce ad alimentare ogni momento in cui accede alla Rete con il proprio device.
I Data Center sono le nuove realtà. I dati vengono estratti, elaborati, raffinati e scambiati. Al fine di alimentare industrie ed economie. La data economy europea continua a crescere. Il dato cambia il business, il business degli algoritmi, della raccolta digitale delle informazioni tra grandi aziende, piccole e medie imprese. Così il valore dei Big Data e la relativa profilazione. Molti ricordano che qualche anno fa erano semplici elenchi telefonici. In questo non può mancare il problema del controllo a partire dall’abuso di posizione dominante fino alla violazione della privacy, rischi che sono amplificati nell’economia dei dati.
Il sistema di regole però deve fare i conti con strumenti del passato che non sembrano in grado di garantire la competitività sul mercato. Dovremmo guardare alla professionalità e alle competenze, con la data economy si creano nuove opportunità di carriera, dovremmo riflettere sulle figure più richieste dal mercato e su nuovi percorsi formativi.