Creatività e tecnologia, l’opinione di Carlo Infante

Abbiamo nuovamente incontrato Carlo Infante, per scoprire con lui come la creatività possa aprire nuove frontiere di conoscenza e di fruizione del territorio.

Carlo, iniziamo dai concetti di base: ci dai una definizione di creatività, anche alla luce dei bandi europei e nazionali sugli European Creative District?

Un buon concetto di creatività è quello suggerito dal matematico francese Jules-Henri Poincaré: “Creatività è unire elementi esistenti con connessioni nuove, che siano utili”. E penso a quanto questo suggerimento sia decisivo per capire il fenomeno del mash up in Internet, implementando diverse applicazioni su operatività che rilanciano il principio open source nel senso lato del termine. È questa tensione generativa, aperta, che può dare sviluppo a ciò che definisco la creatività connettiva. C’è un mondo sommerso di creatività digitale che non viene intercettato e rivela una potenzialità straordinaria che non può più rimanere limitata nella dimensione underground.

Nel concetto di Performing Media risiede una tensione creativa che non riguarda più solo la sperimentazione dei nuovi linguaggi ma la capacità di inventare la Società dell’Informazione: fare società interpretando le condizioni in atto che non solo si rivolgono verso l’economia dell’immateriale (i media, sia old sia new e social media, fondamentalmente) ma che guardano alle peculiarità dei nostri territori, con tutte le loro valenze tradizionali, culturali, paesaggistiche ed enogastronomiche, per rilanciare in un piano di comunicazione innervato ad un marketing strategico, la cosiddetta Innovazione Territoriale.

D.: In quale ambito ci sono le migliori opportunità applicative?

R.: L’ambito quindi verso cui intravedo opportunità strategiche è quindi proprio l’Innovazione Territoriale attraverso cui la comunicazione interattiva possa promuovere, narrare, ottimizzare (anche in termini organizzativi, grazie alla possibilità orizzontale delle reti) le risorse (da quelle culturali a quelle artigiane ed eno-gastronomiche) dei nostri territori. La gestione delle risorse informative funzionali a questo rapporto nuovo con il territorio, a partire dall’uso di mappe interattive e di sistemi gps implementati sugli smart-phone, rappresenta un’innovazione emblematica, intimamente culturale e allo stesso tempo capace di dare sia spinta imprenditoriale sia coesione sociale. Ciò comporta un’attenzione crescente sia verso l’evoluzione delle tecnologie della comunicazione sia verso quei comportamenti creativi che ne indirizzano i valori d’uso. Inscrivere l’uso delle reti nell’azione attraverso il territorio, di cui il turismo è solo una delle forme d’impresa, è una delle prerogative dell’ambito di ricerca sul performing media.

D.: Come possiamo utilizzare al meglio i progressi della tecnologia?

R.: Uno dei modi migliori per misurarci con questa nuova complessità è quello di raccogliere e interpretare gli impulsi e le competenze della società civile (“la società dei saperi e dei pareri”), per sviluppare piattaforme collaborative che mettano in rete le potenzialità partecipative dei cittadini.

In questo quadro è pienamente inscritta tutta la necessità d’inventare nuovi ambiti per la produzione di socialità, attivando opportunità in cui, accanto ai servizi ad alto valore aggiunto tecnologico, servirà una creatività capace di interpretarli, nel creare nuovi modi, nuovi linguaggi, nuovi format come quelli che definisco Performing Media.

Per creare questi nuovi modi, e nuovi mondi, occorrono anche parole nuove su cui è opportuno riflettere, per capire ciò che ancora non ha evidenza.

Una di queste è social tagging: uno dei concetti-chiave per comprendere la nuova fase della rete.

Vi si sottende una nuova pratica connettiva già delineata con il fenomeno diffuso dei blog e che di fatto rilancia qualcosa che si fa da sempre nel web: l’ipertesto. E’ quindi una pratica di link: la connessione continua di frammenti di testo. Il dato cardine da rilevare è nel fatto che emergono dal testo, come la panna dal latte, le parole chiave, i concetti affioranti. E qui inizia il gioco delle libere associazioni che danno senso ad un concetto quale l‘ipertinenza, coniato da Derrick De Kerchkove per intendere la capacità d’espandere le pertinenze interpretando le possibilità ipertestuali della rete.

Le parole chiave vengono associate tra loro dall’azione connettiva degli utenti che ne condividono la pertinenza in un ambiente ipertestuale come la rete in cui è integrata anche la loro esperienza cognitiva diretta. L’informazione si fa sempre più glocal, globale come la rete e locale come la soggettività degli utenti che vi trasferiscono la loro interpretazione, e fondamentalmente con azioni nel territorio che rilanciano l’idea stessa di happening. E’ in questo senso che emerge il format del real social tagging inteso come performance sul campo che utilizza i link attivi di matrix-code (una sorta di codici a barre che trasmettono automaticamente ad uno smart-phone grazie al software pre-installato) disseminati nel territorio.

E’ in questo senso che è emerso (già nel 2007 durante l’azione per lanciare la Mappa Emozionale dei Luoghi della Memoria Antifascista per le Universiadi d Torino) il format del mobtagging inteso come performance sul campo che utilizza i link attivi dei mobtag (detti anche qr-code, una sorta di codici a barre che trasmettono automaticamente ad uno smart-phone grazie al software pre-installato) disseminati nel territorio.

L’accesso mobile al web sta facendo la differenza, perchè permette di produrre comunicazione in movimento, mentre si attraversa un territorio, comunicandone le peculiarità. Va infatti considerato quanto sia strategico associare nuove forme di progettazione (culturale, sociale, urbanistica o di marketing territoriale) alla trasformazione del nostro agire in relazione con lo spazio pubblico che percorriamo quotidianamente grazie a smart-phone sempre più performanti in tasca.

Da smart-phone e tablet accedono al web più di 19 dei 27 milioni di utenti di Internet, circa il 12% in più rispetto al 2011. Un dato elevato, grazie alla competitività e alle schermaglie marketing degli operatori di telefonia, che si conferma con questo altro dato: più del 56% dei mobile in circolazione sono smart-phone, predisposti cioè ad andare sul web con tale semplicità da azzerare quel “digital divide” psicologico che fino a qualche tempo era un buon pretesto per sottrarsi all’innovazione.

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