Jeremy Rifkin: sharing economy, energie rinnovabili e internet of everything, così l’Italia può riprendersi il futuro

L’intervento di Jeremy Rifkin al Forum PA 2016, probabilmente non è stato lungimirante e pionieristico come ci aspettavamo, ma certamente ci ha evidenziato e ricordato alcuni trend innovativi sull’economia globale, dandoci una direzione, indicandoci il sentiero, la via da perseguire per provare a cambiare questo Paese, a livello di innovazione digitale e non solo per ciò che concerne la Pubblica Amministrazione.

Il nostro Paese, si sa, non sprizza efficienza, a differenza di altri leader europei a livello mondiale come Francia, Germania e Inghilterra, è evidente che non stiamo bene e che sui processi di digitalizzazione ci stiamo si sforzando, ma sul campo ancora non siamo performanti.

Secondo Rifkin l’economia è governata da leggi universali, leggi fisiche, leggi scientifiche, prende in esempio la 1° e la 2° legge della termodinamica da cui sono replicabili i concetti di conversione, di dispersione e di efficienza aggregata. Quest’ultima è la parola chiave da cui deriva la chiave di volta del progresso.

In termini di efficienza aggregata ci sottolinea Rifkin possiamo collegarci ai temi della comunicazione, del trasporto e dell’energia. Anche attraverso questi tre settori Rifkin racconta il fenomeno in atto della terza rivoluzione industriale, quella che a differenza delle precedenti avviene da digitale a digitale.

Oggi tutto sta convergendo in Rete, tutto aderisce al mondo iperconnesso, GPS, wearable, IoT, tutti si collegano, anche le persone più povere iniziano ad avere accessibilità alla Rete, si diffondono in modo esponenziale i sensori, sono 15 miliardi solo nel settore agricolo, creando così quello che Rifkin definisce un sistema nervoso distribuito, un cervello globale connesso.

In questo mondo di Rete, si concretizza l’approccio open, dove tutti hanno l’informazione a portata di mano, tutti possono accedere ai dati, trovare elementi utili alla propria catena del valore. Proprio dalla Rete, dall’open source, si sprigiona la condivisione, il fare networking e la capacità di migliorare l’efficienza aggregata, in grado di aumentare la conversione e di ridurre la dispersione di costi.

Questo è il modello vincente, la sharing economy portata gradualmente dalla digitalizzazione sta caratterizzando il sistema economico attuale, un sistema ibrido che ai vecchi modelli affianca con sempre maggiore rilevanza il paradigma della condivisione.

La sharing economy grazie all’internet diffuso ha già invaso il mondo, 3 miliardi di persone oggi sono prosumer (producono e condividono), non c’è più nessun ostacolo, la Rete contaminerà tutti i settori, vi è una curva esponanziale di diffusione che coinvolge su tutti il settore energetico in un sistema che già in modo consolidato si poggia sull’interscambio. Pensiamo all’energia solare e all’eolico. Rifkin ci avvisa: “entro 20-25 anni tutti potranno produrre la loro energia”. L’economista statunitense parla in tal senso di Internet dell’Energia, un settore direttamente correlato al fenomeno Big Data, fatto di elementi quali energie rinnovabili, ubiquità ripulita, energia fotovoltaica ed eolica.

Con l’internet delle energie rinnovabili, altra espressione della sharing economy in espansione riguarda la mobilità, in particolare il fenomeno car sharing, vero simbolo di un mondo nuovo che verrà. “I giovani – spiega Rifkin –  non vorranno più la macchina, la riterranno inutile”. Per ogni macchina condivisa si è calcolato che si eliminano 15 macchine dalla produzione. Un grosso risparmio energetico ed in termini di riduzione dell’inquinamento all’insegna della sostenibilità. I veicoli di domani saranno tutti elettrici o ad idrogeno, saranno prodotti con stampanti 3D e composti di materiali biocompatibili.

Sui temi della Rete, della sharing economy e del risparmio energetico, una delle criticità riguarda gli edifici, la prima causa di produzione di CO2. Questi verranno trasformati in hub digitali, per la ricarica dei veicoli elettrici o come centri per i Big Data. Passeremo anche ad un Internet dei trasporti, dove il mezzo sarà esso stesso iperdotato di sensori in grado di trasmettere dati. Daimler, annuncia Rifkin, in fase di sperimentazione ha già prodotto 300 mila camion dotati di sensori. In un mondo sempre più collegato e ricco di sensori, saremo ipersaturi di dati da ordinare, da interpretare e da trasformare in informazioni.

In questo scenario ci sono i giovani nativi digitali, e ci saranno i giovani del futuro, che si sentiranno completamente liberi solamente nell’inclusività che non potranno concepire più un mondo esclusivo, chiuso e non aperto, un mondo dove il potere è verticale e centralizzato. Ad un mondo di questo tipo prediligeranno, o meglio esigeranno, un mondo che segua il principio delle reti, un mondo laterale e dal potere distribuito.

Queste riflessioni alla quale Rifkin ci ha rimandato con le sue suggestioni ci fanno comprendere alcuni muri che dobbiamo abbattere, per innovare il nostro Paese. Un paese dell’estrema energia creativa, lo stesso Rifkin lo ribadisce spesso, lo ha fatto anche ieri – “non ho mai visto tanta creatività come in Italia” – che però ha bisogno di un piano economico esteso a livello nazionale e regionale. Un piano che introduca una nuova narrazione, che cambi mentalità per un nuovo mondo, per raccogliere le istanze dell’economia della condivisione. Un piano che unisca creatività, sharing economy ed “Internet of everything” e che ci consenta di tornare un paese leader a livello mondiale.

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