I giovani e il nostro Paese

E’ molto bello sentirsi dire dalle persone di esperienza “caro giovane ti devi impegnare”.

Per noi giovani è un must che ormai seguiamo da tempo. Il più delle volte il risultato non dipende da noi, in quanto i confronti con il mondo del lavoro, sia pubblico che privato, sono impostati sempre su un piano di atipicità, mentre i nostri studi, anche se complessi, sono più o meno uguali per tutti e pertanto le risposte nei colloqui possono essere differenziati, ma solo dalla capacità espositiva di ognuno di noi. Il giovane non si impegna per esempio come nel passato nella politica in quanto non vi è un riferimento sul piano della partecipazione alla gestione politica del proprio Paese. E’ indiscusso che ci troviamo in una fase del cosiddetto cambiamento

Ho avuto modo di leggere un testo interessante che riguarda lo scenario italiano e che parte dalla esegesi del diritto di schiavitù collegata ad aspetti costituzionali, al delitto di plagio, ed è emerso, secondo una mia convenzione che la risposta a tutt’oggi necessaria è un’elevata riflessione per una riforma, oserei dire quadro, aggiornata agli avvenimenti dei giorni nostri.

La schiavitù è una parola dal forte impatto evocativo, rimanda a mondi lontani nel tempo e nello spazio, fatti di catene e pelle nera. Noi uomini moderni abitanti di un mondo civilizzato, ci sentiamo estranei e distanti da questa pratica così selvaggia: proprio questo inganno probabilmente ci permette di ignorare le 27 milioni di vittime della schiavitù moderna, dato che ovviamente non considera tutti quei casi che sfuggono all’ufficialità di una statistica.

Un’altra parola d’ordine del nostro tempo che sentiamo ribadire spesso è: trasparenza. Istituto che ho studiato con interesse, anche con un lavoro di tesi finale e che pertanto mi è ben noto. A tale proposito alcune considerazioni: per divulgare il concetto di trasparenza, oggi più che mai, è opportuno considerare il ruolo crescente della comunicazione e l’avvento dei social network. L’utilizzo di questi nuovi media va ad agevolare la fruizione e la diffusione di contenuti con trasparenza.  Tutti i social network a disposizione, ci avvicinano ai nostri interlocutori, spazzano via gli intermediari e  comunicano i nostri contenuti in pillole in maniera autentica, friendly e semplice. I giovani non hanno problemi per quanto riguarda l’innovazione tecnologica, si servono di essa per mettere alla prova la propria creatività, convivono con internet e con tutti i social network e il loro modus operandi può essere di aiuto ad aziende pubbliche e private, nonché alimentare il cosidetto cambiamento.

Per concludere e volendomi ricollegare alla questione dell’occupazione giovanile, penso al futuro lavorativo delle giovani generazioni, problematica, mi auguro, in cima alle agende dei decisori politici. La crisi finanziaria ed economica ha solo peggiorato una situazione negativa, che oramai da diverso tempo vede l’Italia tra i paese ad alto tasso di disoccupazione giovanile. Di particolare gravità è la situazione occupazionale delle giovani donne e, ancor di più, delle giovani donne del mezzogiorno. Una criticità nota a tutti, da tempo al centro del dibattito pubblico. Molto è stato detto sulle cause e, ancor di più, sulle conseguenze per i giovani, ma anche per il futuro del nostro Paese. Non sono neanche mancate articolate proposte di riforma legislativa a sostegno dell’occupazione giovanile. Lo stesso governo ha avviato alcuni piani di azione denominati Italia 2020, volti a sostenere l’occupazione giovanile e quella delle donne in generale, che tuttavia hanno trovato difficoltà a decollare anche per l’aggravarsi della situazione economica internazionale che in Italia come in altri parti del mondo ha colpito con particolare durezza. Una buona parte dei giovani italiani non ha alcun contatto con il mondo del lavoro. L’età media di accesso al lavoro è di oltre 25 anni e anche più se parliamo di laureati, mentre ancora troppo alto è il tasso di dispersione scolastica che ci colloca tra i peggiori d’Europa. Forse la differenza con gli altri Paesi è tutta qui, nella diffidenza verso forme di lavoro a tempo parziale. E’ anche nella mancanza di veri e propri percorsi formativi ed educativi in alternanza come l’apprendistato scolastico e universitario, capaci di valorizzare la capienza formativa del lavoro; così come è nell’assenza di centri di orientamento al lavoro nelle scuole, volte a favorire l’ingresso nel mercato del lavoro. Sono alcune considerazioni, non esaustive, ma che molti giovani vivono sulla propria pelle.

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