Il Decreto Crescita 2.0 per l’innovazione tecnologica

Con il nuovo decreto Crescita 2.0 finalmente pubblicato venerdì scorso in Gazzetta Ufficiale, si è data piena attuazione, attraverso le disposizioni contenute nell’Agenda Digitale Italiana, alla realizzazione di una profonda innovazione tecnologica con l’obiettivo della “modernizzazione dei rapporti tra pubblica amministrazione, cittadini e imprese, attraverso azioni coordinate dirette a favorire lo sviluppo di domanda e offerta di servizi digitali innovativi, a potenziare l’offerta di connettività a larga banda, a incentivare cittadini e imprese all’utilizzo di servizi digitali e a promuovere la crescita di capacità industriali adeguate a sostenere lo sviluppo di prodotti e servizi innovativi”.

Come il Presidente del Consiglio ha dichiarato aprendo la conferenza stampa, “l’innovazione è un elemento strutturale di crescita sostenibile […] la digitalizzazione è uno strumento per ridurre il gap e garantire la ricomposizione degli attuali squilibri territoriali”.

E pensare che solo un anno fa l’Italia era rimasta al palo, costantemente indietro in tutte le classifiche della banda larga, dell’innovation scoreboard index, nel Web Index e nella diffusione di Internet! Ma c’è sicuramente ancora molto da fare e da lavorare per sviluppare e consolidare l’economia digitale, rendere l‘ICT una leva per la crescita e l’attrazione di investimenti esteri e creare un ecosistema vitale e dinamico per Start up competitive.

Il focus italiano dell’Agenda digitale europea, apparentemente non diversamente dal primo decreto Semplifica Italia, appare spostato quasi interamente sulla “digitalizzazione” del settore pubblico.

In un Paese in cui il vero digital divide è culturale e di competenze digitali (ben più che infrastrutturale) e con una grande e cronica carenza informativa su quanto è importante per i cittadini e per le imprese l’innovazione digitale in tutti i campi per non rischiare di diventare un paese arretrato, il decreto risulta essere sbilanciato su una delle dimensioni dell’innovazione digitale: quella relativa alla PA. E’ importante sottolineare però che questi progetti di innovazione pubblici (se partiranno) utilizzeranno poi i fornitori di soluzioni digitali, contribuendo a potenziare un settore – quello ICT – che oggi sta soffrendo ma che è chiave per il futuro digitale di tutto il Paese.

Ma la capacità di travasare i benefici attesi dalle amministrazioni pubbliche ad un tessuto di imprese, troppo spesso anche esse poco ricettive rispetto all’innovazione digitale e oggi fortemente colpite dalla crisi, resta tutto da dimostrare. Infatti è sul tema della piena implementazione delle politiche individuate che si concentrerà il maggiore sforzo: revisione di processi, procedure, mansioni, ruoli organizzativi, oltre che sistemi informativi e tecnologie, e tutto questo con croniche carenze di competenze, strumenti, leadership, attitudine alla autovalutazione. Per passare quindi dalla teoria alla pratica occorrerà pensare fin da subito oltre che alla attuazione della Agenzia per il Digitale, ad un programma coerente di crescita, formazione dei dirigenti e funzionari pubblici, per fornire loro nuovi e più strumenti concettuali e quelle competenze indispensabili per diventare portatori di questa innovazione o in alternativa prevedere una ricca osmosi tra dirigenza pubblica e privata (e su questo tema sarà necessario tornare visto che assistiamo e da anni al depauperamento della dirigenza privata italiana per via della delocalizzazione e che questo può essere sicuramente un fattore di disponibilità anche in eccesso di manager privati già addestrati sulle nuove tecnologie!). Sembra poi quasi completamente trascurata l’armonizzazione con le disposizioni normative già vigenti sui diversi temi affrontati dal decreto. È, pertanto, auspicabile un’opera di coordinamento per evitare una stratificazione di leggi e leggine che vanificherebbe completamente lo scopo di garantire servizi efficienti ai cittadini.

Un po’ di delusione anche per il fatto che nel decreto non si prevede di fatto nulla a favore dell’innovazione delle imprese, in particolare nelle nostre pmi, nessun incentivo o contributo a favore della loro innovazione digitale, nessun riferimento a progetti strategici per il nostro ecosistema di imprese, come l’eCommerce.

In compenso il decreto introduce per la prima volta, nell’ordinamento del nostro Paese, la definizione di impresa innovativa (startup): le nuove misure toccano tutti gli aspetti più importanti del ciclo di vita di una startup – dalla nascita alla fase di sviluppo, fino alla sua chiusura – dando seguito al Programma Nazionale di Riforma e rispondendo a raccomandazioni europee che individuano nelle startup una leva di crescita e di creazione di occupazione. Inoltre si definisce l’incubatore certificato di imprese startup innovative, come una società di capitali di diritto italiano, o di una Societas Europaea, residente in Italia, che offre servizi per sostenere la nascita e lo sviluppo di startup innovative. Viene istituita un’apposita sezione del Registro delle Imprese con l’iscrizione obbligatoria per le startup innovative e gli incubatori certificati così da garantirne la massima pubblicità. Purtroppo non si è ancora compiutamente analizzato come il sistema universitario può/deve giocare un ruolo importante nell’ecosistema delle startup, a livello di formazione e a livello di incubatori e trasferimento tecnologico per creare il tessuto sottostante all’idea di start-up.

Viene poi istituito il Desk Italia – Sportello unico attrazione investimenti esteri – al fine di incrementare la capacità del sistema Paese di attrarre investimenti dall’estero di natura non strettamente finanziaria e di rilevante impatto economico e significativo interesse per il Paese. Il Desk Italia costituisce il punto di accesso UNICO per l’investitore estero su tutti i passi amministrativi riguardanti il relativo progetto d’investimento, fungendo da raccordo fra le attività di promozione all’estero dell’Italia svolte dall’Agenzia-ICE e quelle di accompagnamento e insediamento di investitori esteri di cui si occupa l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa-Invitalia.

Altri aspetti interessanti del provvedimento sono rappresentati dalla fusione della carta d’identità e la tessera sanitaria in un unico documento digitale. Attraverso questo documento digitale unificato ogni cittadino potrà scegliere di comunicare con la pubblica amministrazione esclusivamente tramite la Pec, un indirizzo di posta elettronica certificata. Il DU non è però la riproduzione della carta d’identità elettronica, ma uno strumento con microchip che permetterà anche a chi non vuole o non sa usare online la pec di mantenere comunque la fisicità del rapporto con la PA. Cittadini e imprese saranno anche muniti di un domicilio digitale, un recapito attraverso cui inviare e ricevere tutte le comunicazioni con la pubblica amministrazione; per quanto riguarda l’università, dall’anno accademico 2013/2014 verrà introdotto il fascicolo elettronico dello studente per una gestione efficiente dell’intera carriera universitaria e per semplificare la mobilità tra diversi atenei. Sul versante della Sanità verrà valorizzato il fascicolo sanitario elettronico (Fse) quale documento digitale unico dei dati socio sanitari del paziente. Alle finalità di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione vengono aggiunte anche quelle di studio e di ricerca scientifica, nonché di programmazione sanitaria, verifica delle qualità delle cure e valutazione dell’assistenza sanitaria.

Particolarmente rilevante ai fini dell’attuazione del paradigma Smart Cities la costituzione di una cabina di regia volta a realizzare “infrastrutture tecnologiche e immateriali al servizio delle «comunità intelligenti» (smart communities), finalizzate a soddisfare la crescente domanda di servizi digitali in settori quali la mobilità, il risparmio energetico, il sistema educativo, la sicurezza, la sanità, i servizi sociali e la cultura; dalla introduzione delparadigma dei dati aperti (open data) quale modello di valorizzazione del patrimonio informativo pubblico, al fine di creare strumenti e servizi innovativi. Con l’open data tutte le informazioni delle istituzioni pubbliche verranno rese accessibili e interscambiabili online, con la promozione della diffusione e del controllo di architetture di cloud computing per le attività e i servizi delle pubbliche amministrazioni. La “nuvola di dati” è una tra le novità più importanti dell’evoluzione tecnologica.

E’ prevista, inoltre, la conferma dell’obiettivo di azzerare il divario digitale, portando la connessione a almeno 2 mbps nelle zone non ancora coperte e nelle aree a fallimento d’impresa. Alle risorse rese già disponibili per il Mezzogiorno (circa 600 milioni) si aggiungono ora ulteriori 150 milioni di euro per finanziare gli interventi di realizzazione ed il potenziamento di diversi processi di digitalizzazione e semplificazione delle attività e dei servizi della Pubblica Amministrazione, con ulteriori fondi che serviranno a costruire datacenter dove centralizzare, in cloud, i servizi per la pubblica amministrazione. Per la banda ultra larga, i nuovi bandi saranno a incentivo e non saranno usati quindi solo fondi pubblici. Vinceranno i bandi, cioè, gli operatori che contribuiranno maggiormente con proprie risorse- da sommare a quelle pubbliche- e assicureranno di fare reti più estese. In totale, per la banda ultra larga ci potrebbe essere 300-400 milioni di euro a breve, tra risorse dei privati e altri contributi delle Region. Per il Centro-Nord ci sarebbero poi i nuovi fondi Fesr 2014-2020 ora in fase di programmazione da parte dell’Unione Europea e sono in fase di sblocco i fondi del Connecting europe facility, 9 miliardi di euro per tutta l’Europa, di cui ca 900 milioni per l’Italia.

Importanti le novità anche nell’ambito dell’istruzione. I testi scolastici diventeranno digitali: è prevista una progressiva adozione a partire dall’anno scolastico 2013/2014. Già dall’anno 2012-2013, invece, in ambiti territoriali particolarmente isolati dove il numero di alunni è insufficiente per la formazione di classi, sarà possibile istituire centri scolastici digitali per il collegamento da remoto degli studenti alle classi scolastiche.

Viene poi promossa la definizione di grandi progetti di ricerca e innovazione su temi strategici e in linea con il programma europeo Horizon2020, con l’obiettivo di promuovere sinergie tra sistema produttivo, di ricerca ed esigenze sociali. Lo scopo è spostare in avanti la frontiera dell’innovazione.

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