La nuova geografia giudiziaria: riforma o rottamazione della giustizia?

I Decreti legislativi n. 155 e 156 del 7 settembre 2012 che sono intervenuti sulla geografia degli uffici giudiziari hanno fatto discutere molto e faranno sicuramente discutere ancora, nei prossimi mesi, essendo ora in fase di concreta attuazione le iniziative conseguenti, ma si è consapevoli del fatto che, in tempi di crisi, non si possa non “economizzare”, anche con riferimento all’organizzazione della giustizia sul territorio, per quanto ciò possa costare in termini di prestigio della istituzione e di vicinanza al cittadino.

Difatti, ampio è stato il dibattito e continua ad esserlo anche sulle pagine dei giornali non solo nella sede parlamentare. Sin dalle prime battute si era affermato che, nell’ambito del complesso delle riforme di spending review varate nel 2012, ci si attendeva per l’Amministrazione Giudiziaria un risparmio di spesa – a decorrere dall’esercizio finanziario 2013 – valutato nella misura di circa 560 milioni di Euro, derivanti in particolare dall’abbattimento della spesa per i servizi di intercettazioni telefoniche (50% circa) e, pro quota, dalla cd. “riforma della geografia giudiziaria” che deve portare alla soppressione, con relativi accorpamenti, di molti Uffici del Giudice di Pace (667) e di un discreto numero di sezioni distaccate di Tribunale (220) o Tribunali di piccole dimensioni e relative Procure della Repubblica (31), con carichi di lavoro ritenuti esigui rispetto alla media.

Proprio di recente si sono registrate talune prese di posizione fortemente critiche, provenienti da diverse parti politiche che hanno messo in evidenza, come già aveva fatto l’O.U.A. (Organismo Unitario dell’Avvocatura) ed il Consiglio Nazionale Forense nell’anno passato, forti riserve sui contenuti della riforma della “geografia giudiziaria”, avendo constatato che gli indicatori presi come riferimento per decidere se e quali Uffici Giudiziari siano da sopprimere, sono, per così dire, troppo semplicistici, perché non tengono conto della effettiva utilità che gli uffici giudiziari hanno rispetto alle esigenze del territorio in cui si trovano.

Nell’immediato, tali critiche si sono concentrate sull’elenco dei Tribunali e delle Procure da sopprimere ed hanno portato sino alla formulazione di una proposta per il rinvio di un anno della attuazione della riforma in sede di Commissione Giustizia del Senato; la proposta formulata si basa sulla prospettazione di parecchi insormontabili problemi pratici (indisponibilità di immobili, indisponibilità di fondi da parte dei Comuni delle sedi accorpanti, ecc.) per poter disporre l’accorpamento degli uffici e su numerose ulteriori doglianze provenienti da associazioni di categoria, che si sono nuovamente riproposte.

Se da una parte si auspica che eventuali contrasti di opinioni o proteste non provochino l’ingessamento definitivo della riforma (n.d.r. che s’ha da fare), dall’altra parte però si osserva che non del tutto peregrine sono alcune critiche rivolte dagli stake-holders della Giustizia.

Infatti, se è vero che è stato preso come indicatore di riferimento, fra gli altri, il numero di magistrati in organico, per individuare un valore soglia al di sotto del quale l’ufficio deve considerarsi sopprimibile, tale indicatore di per sé solo, si rivela inadeguato.

Difatti, vi sono casi limite in cui, a causa della rigidità imposte dalla legge di riforma, sono emerse incongruenze per cui si prevede ad esempio l’accorpamento di un Tribunale che non è in una sede capoluogo di Provincia, ad un altro Tribunale viciniore collocato nella sede della città capoluogo di Provincia, ma con un carico di lavoro oggettivamente assai inferiore a quello del Tribunale accorpando, per quanto emerge dai dati statistici.

E tuttavia, a parte questi casi limite per i quali si potrà evidentemente trovare un correttivo, il gruppo di lavoro ministeriale, che si è occupato di disegnare le linee di intervento della riforma per individuare gli uffici da sopprimere, non può non avere tenuto conto di diverse variabili, ossia valutando la capacità produttiva media dell’ufficio sottoposto ad osservazione, data dal rapporto fra l’in-put delle sopravvenienze di nuovi affari e l’out-put dei procedimenti esauriti, in rapporto percentuale rispetto ai componenti effettivi dell’ufficio, intendendosi compresi nel numero sia i magistrati che il personale amministrativo. Cioè utilizzando sostanzialmente una metodologia econometrica che trova, o dovrebbe trovare, applicazione anche nei processi di riorganizzazione di realtà imprenditoriali.

In effetti, vi potrebbero essere uffici composti da più di 20 magistrati il cui carico di lavoro e la capacità produttiva media sono assai inferiori rispetto a quelle di uffici il cui organico è magari composto da soli 10 o 15 magistrati, per il semplice motivo che il rapporto funzionale fra in-put/out-put e risorse presenti del primo ufficio è del tutto sproporzionato, rispetto a quello di altro ufficio di più modeste (sulla carta) dimensioni organiche/territoriali.

Ma per quanto possa essere più o meno raffinato il criterio, sicuramente è una riforma che va fatta, perché gli uffici giudiziari – soprattutto i Giudici di Pace – di piccole o piccolissime dimensioni e con carichi di lavoro risibili, sono voraci consumatori di risorse, perché anche loro devono pagare le spese telefoniche, l’erogazione di energia elettrica, le spese postali, la manutenzione di apparecchiature d’ufficio, la tassa sui rifiuti e tutte le altre spese correnti, rientranti nella categoria dei “consumi intermedi”, che gravano in misura assai notevole sul bilancio della giustizia (dati in possesso del Ministero della Giustizia).

Solo per fare un esempio, si stima che le spese di funzionamento, in territorio nazionale, occorrenti mediamente in un esercizio finanziario – in termini di cassa – per far fronte agli acquisti di prima necessità che gli uffici giudiziari possono gestire in sede locale, sono circa pari a 17.200.000,00 €., ivi comprendendo anche la manutenzione di apparecchiature d’ufficio; mentre altri servizi che corrispondono al mantenimento in esercizio dei sistemi posti a supporto dello svolgimento delle udienze penali comportano oneri di spesa – sempre in termini di cassa – che possono variare mediamente da un minimo di circa 34.000.000 di €. fino ad un massimo di circa 37.000.000 di €. (importi comprensivi di IVA). E nella stima non si è tenuto conto delle spese di funzionamento relative al noleggio delle apparecchiature di apparati di fotoriproduzione, delle spese per il mantenimento in esercizio dei sistemi informatici, delle spese riguardanti l’utilizzo delle autovetture di stato, né delle spese per utenze telefoniche, erogazione di energia, tassa sui rifiuti e spese postali.

Val bene la pena di fare un sacrificio in termini di minore vicinanza fisica dell’ufficio giudiziario sul territorio, rispetto al cittadino/utente ed all’avvocato, non dimenticando neanche che questo sacrificio potrebbe essere compensato da un sempre più vasto raggio ed una più vasta gamma di servizi da erogare on-line mediante gli strumenti telematici (sportelli polifunzionali, Internet, Portali su reti dedicate), che potrebbero essere accessibili presso gli stessi Consigli dell’Ordine Avvocati o presso sedi distaccate degli stessi, ovvero presso le sedi di altri enti presenti sul territorio (smart-cities), per consentire di estrarre certificati, ottenere informazioni in tempo reale sullo svolgimento dei processi civili e penali e addirittura di avere correntemente accesso ai processi penali mediante l’audizione a distanza, con utilizzo di strumenti di registrazione/riproduzione I.P. o altro, senza doversi recare ogni giorno nella sede dell’ufficio giudiziario competente.

Esistono fra l’altro, presso il Ministero della Giustizia, diversi progetti in fase avanzata di realizzazione o quantomeno di pianificazione attuativa, che prevedono la diffusione delle tecnologie informatiche a vari livelli (a partire dal Processo Civile Telematico), i cui obiettivi, fasi di sviluppo e stati di avanzamento vengono costantemente aggiornati nel sito del Ministero della Giustizia (Piano Triennale per l’Informatica e Piano delle Performances del Dipartimento dell’Organizzazione Giudiziaria ).

Già ora esiste all’interno del sito del Ministero della Giustizia un link di accesso al “Portale dei Servizi telematici” che comprende dal servizio di rilascio informazioni e documentazione relativa allo stato dei procedimenti, per arrivare sino al “Portale delle procedure concorsuali” ed al “Servizio on-line dei Giudici di Pace”; tutti servizi che forse potranno sembrare poca cosa rispetto a quello che effettivamente ci si aspetta, ma almeno è qualcosa, soprattutto sotto il profilo della governance dei sistemi I.C.T., che sempre più dovranno diventare uno strumento di gestione posto in rapporto funzionale, rispetto alle esigenze della collettività dei cittadini e delle categorie professionali che gravitano nell’orbita del “pianeta giustizia”.

(* Laura Pizzorni è Dirigente Ministero Giustizia)

Altri articoli dell'autore

Advertisment

Puoi leggere anche...

567FansLike
1,441FollowersFollow

Ultime notizie

Agroalimentare e la sua filiera

I lettori di Sentieri Digitali hanno avuto modo di comprendere l’impegno costante per un settore così strategico del nostro Paese e dell’Europa. Nell’ambito della...

L’acqua

L’acqua vuol dire vita e quindi è un bene primario. Senza fare polemiche è ben rappresentare che la rete idrica del nostro paese a dir...

Comunità Energetica

Il Clean Energy for Europe Package è basato su una proposta della Commissione Europea del Novembre 2016 e definisce gli obiettivi e la strategia...

Vuoi avere le notizie aggiornate ogni mercoledi?

Iscriviti alla newsletter

LinkedIn
LinkedIn
Share