Il cibo in tempo di crisi: ossessioni per sopravvivere

Ogni altare ha la sua croce così come ogni canale televisivo ha i propri cuochi. Ormai cucinano praticamente tutti: mamme, nonne, universitari, ex modelle, ex calciatori, ex conduttrici del tg. E, ancora, sfide tra chef, federati, maestri, pasticceri o aspiranti tali, “grillisti”, bambini. Praticamente ogni ora ha il proprio appuntamento col cibo. Non è mia intenzione tralasciare il web.

Tra siti e blog non ci sono più scuse: dovete saper cucinare. Ma perché questo boom? Non è che fino a ieri a casa dell’italiano medio si mangiasse solamente spaghetti , pizza e semolino senza i loro consigli, che sia chiaro. È solo che, avendo un lavoro e parti di giornata occupate, si pensava a soluzioni efficienti seppur sbrigative.

Ora è boom.

In fondo è una società benestante che può permettersi del tempo in cucina, teoricamente. Vero sì e no. Dobbiamo far riferimento a teorie economiche altisonanti, scomodiamo Engel, nella cui legge sul consumo afferma che al variare delle possibilità economiche varia anche la composizione di spesa del consumatore. Da ciò discende che per consumatori con redditi bassi la percentuale di spesa rivolta a beni di prima necessità è ingente; quando poi il reddito aumenta, la porzione di spesa destinata ai beni alimentari cresce in valore assoluto, ma diminuisce in termini relativi, mostrando una variazione nella composizione: si continua a spendere soldi per il cibo, ma si mangia meglio.

E allora tutti pronti con menù “gluten free”, senza grassi, senza sale, vegetariani, vegani. E il cinese, il giapponese, sudamericano, arabo, indiano. Non ce la passiamo bene, ma fingiamo di non aver problemi. Ci vestiamo di finto benessere per provare a salvarci, ma non basta più. Regge la scusa secondo cui “c’è crisi, le persone vogliono pensare a cose frivole”? Ma quali frivolezze e passatempi. Si cerca il modo per sopravvivere. In tempi non sospetti in tv ci si svagava con trasmissioni musicali, giochi a premi, quiz televisivi di spessore.

Il cibo è diventato un’ossessione, da cui non ci si può esimere. In fin dei conti, le masse pensano ancora alla sopravvivenza della specie. L’Expo 2015 non può che essere la coronazione di questa scia food&social. Con un fondamentale contributo alla rinascita del made in Italy, con un occhio rivolto a chi delle teorie economiche non saprebbe che farci, perché giace ai bordi della vita.

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